lunedì 28 febbraio 2011

IL TREND INARRESTABILE DELLA PUBBLICITÀ ONLINE

Oltre 5,3 miliardi di euro investiti nel 2010 La promozione, quarta P del marketing mix, ha confini in continua espansione. Infatti per promuovere il proprio prodotto/servizio ci sono forme ed aspetti della comunicazione sempre nuovi, originali e meglio profilate per target di quelli tradizionali. Ogni giorno, infatti, ci misuriamo con forme ed aspetti del marketing che interagiscono con noi e, inevitabilmente, influenzano la nostra vita e le nostre scelte. La pubblicità online costituisce, senz’altro, una delle espressioni del marketing più importanti e potenti di oggi. Ma cosa si intende con pubblicità online? La pubblicità online non è affatto uno strumento nuovo. Iniziata attraverso comunicazioni prima generiche e indistinte (i banner, ad esempio), si è poi trasformata in messaggi qualitativamente sempre più contestualizzati e specifici, in linea con i contenuti della pagina web sulla quale sono pubblicati. Ad oggi, si è decisamente evoluta, andando ad approdare a forme di comunicazione sempre più mirate a target specifici e maggiormente interessati al contenuto dei messaggi inoltrati. Questo tipo di pubblicità riguarda tutto quello che è comunicazione e che viene veicolato sfruttando il canale web: dal web marketing al SEO, dai link sponsorizzati ai social advertising. Alcuni strumenti possono essere più generici, rivolgendosi ad un pubblico ampio e indistinto; altri, invece, garantiscono una profilazione del target molto più precisa, come l’email marketing o i link sponsorizzati per Google e Facebook. Le imprese scelgono sempre di più il canale internet per la promozione, lo dimostrano i dati raccolti da Nielsen nei primi 8 mesi del 2010. Gli investimenti pubblicitari sono cresciuti del +4,8% rispetto al 2009 superando i 5,3 miliardi di Euro. Aumenta il numero di inserzionisti pubblicitari, in particolare su internet (+27,4%), in particolare è da segnalare il trend positivo del direct mail (+5,7%). [Dati Nielsen, gen-ago 2010] La continua crescita tecnologica e le veloci trasformazioni dell’industria mediatica contribuiscono a spostare costantemente i limiti della pubblicità online e ad accrescerne le potenzialità. L’investitore, da parte sua, ha la possibilità di scegliere tra un ampio ventaglio di opzioni, quella che meglio si adatta alle sue esigenze strategiche. Secondo Paolo Duranti, Managing Director di Nielsen Media, nonostante la battuta d’arresto avuta con la crisi economica del 2008, il mondo dei media è molto dinamico e gode di buona salute. Con riferimento ai settori, invece, si è rilevata una modifica consistente del media mix di strumenti che cercano di ottimizzare i propri investimenti sperimentando media diversi. Proprio a proposito dell’andamento dei mezzi Duranti sottolinea che: “ i nuovi media daranno un grande contributo alla crescita dell’advertising, non solo il web ma anche le tv digitali, le satellitari e il direct mail”, restando comunque importante la presenza dei media tradizionali. Quindi, i dati sono positivi, le possibilità di adattare la strategia alle proprie esigenze è concreta, non resta che valutare le possibili opportunità e scegliere la migliore per il proprio caso! E’ sempre consigliabile considerare il parere di un professionista del settore che conosce le dinamiche di queste operazioni.

Scritto da Andrea Mazzeo su Comunitazione.it

giovedì 24 febbraio 2011

LOGO, BRAND, IDENTITY...

L‘espressione corporate identity si riferisce all‘immagine che un‘azienda ha verso il pubblico, verso gli stakeholder esterni, in modo da distinguersi dai concorrenti.
La corporate identity rappresenta la forma più profonda e identificativa del brand; in essa si identifica il "core" (il nucleo) dell‘azienda, il quale generato dai valori dei suoi fondatori, da origine alla visione e alla mission aziendale.

Il logo è la scritta che generalmente rappresenta un prodotto, un servizio o un‘azienda; esso è costituito da un simbolo o da una rappresentazione grafica di un nome o di un acronimo che prevede l‘uso font e immagini ben definiti.
Il logo è uno degli elementi che concorre alla definizione della corpo rate identity.

Il brand, o marca, è il consolidamento sul mercato, verso gli stakeholder esterni del logo; esso diventa un elemento distintivo di un determinato  prodotto, servizio o azienda con lo scopo di distinguirsi e differenziarsi dalla concorrenza.
Il brand oltre a contenere gli aspetti distintivi, contiene anche la storia dell’azienda, l‘esperienza maturata dai consumatori verso la marca, il livello di notorietà, le aspettative dei potenziali acquirenti. Per questo, spesso si dice che la marca è nella testa dei consumatori.

Il legame esistente tra il brand e la corporate identity è denominato brand identity (identità di marca), è tutto ciò che l‘impresa vuole che i consumatori percepiscano utilizzando i propri prodotti o servizi. È importante per l‘impresa che la brand identity si avvicini il più possibile alla brand image.

In riferimento a questi argomenti, vi racconto ora una storia che vede coinvolto uno dei brand internazionali del settore alimentare: Starbucks; l’azienda decide di rivedere il logo… nulla di strano dopo quarant’anni di vita, qualcuno potrebbe affermare. Invece sembra che il cambiamento abbia stravolto la percezione dei consumatori. Forse, il management non ha tenuto nella giusta considerazione la corporate identity di Starbucks.

Vediamo… Continua a leggere qui

Fonte: www.mymarketing.net

martedì 22 febbraio 2011

SOCIAL MEDIA: CONSUMATORI VS AZIENDE

Ho trovato su Linkedin questo interessante post pubblicato da Andy Cavallini, che ritengo possa offrirci degli spunti di riflessione.

"Ben 17,8 milioni di italiani (tutti potenziali Consumatori) hanno una propria pagina su Facebook e si collegano almeno una volta in un mese (fonte: Nòva, Il Sole 24 Ore, 06/01/2011) – rispetto alle rilevazioni precedenti siamo in crescita.
Nella fascia di età 19-24 anni, la penetrazione è pari al 98% (calcolo effettuato utilizzando i dati demografici Istat). Per la fascia 25-29 anni, siamo al 72%; la fascia 30-34 anni è al 52%. Sono cifre incredibili, soprattutto se messe a confronto con altri media più tradizionali, come TV, radio, stampa, affissione, ecc.
Eppure, stando ad una ricerca Social Media Marketing Executive Master Iulm effettuata su un campione di 720 aziende italiane, risulta che in media circa solo un’Azienda su cinque è presente su Facebook.
Uno dei dati più significativi che emerge dalla ricerca è il seguente: delle Aziende che si stanno dando concretamente da fare a gestire la propria Digital Reputation utilizzando i Social Network, circa sette su dieci ha difficoltà a capire/giustificare il ritorno sull’investimento – ciò mi fa venire i brividi !
E quelle aziende che invece non sono ancora presenti sui vari Social Media ? Ecco le loro perplessità:
• circa sei su dieci non comprendono le opportunità strategiche
• circa la metà non sa come, all’atto pratico, mettere in piedi e gestire la propria Digital Reputation
• circa quattro su dieci ritiene il Digital Reputation Management inefficace per il proprio target di riferimento
La morale (in Italia) è:
• le Aziende sono poco propense ad utilizzare i Social Media
• la gente (i Consumatori) è sempre più propensa ad utilizzare i Social Media
Questa divergenza, che in altri Paesi è sconosciuta, è a mio avviso pericolosissima per il nostro tessuto economico – soprattutto considerando la globalizzazione e la conseguente necessità di internazionalizzazione del business.
Ho bisogno del vostro aiuto, vorrei capire cosa possiamo fare, noi professionisti del Digital Reputation Management, per incrementare il committment delle Aziende italiane, per spingerle ad investire tempo e risorse in maniera benefica ed intelligente. Che tipo di supporto (che oggi evidentemente noi non siamo capaci di offrire, visti i numeri di cui sopra) i Direttori Vendite/Marketing, Comunicazione, ecc. si aspettano da noi ? 

Leggi i commenti qui: http://meetingdelleidee.wordpress.com/

venerdì 18 febbraio 2011

UN GRANDISSIMO COMUNICATORE: ROBERTO BENIGNI

Permettetimi di divagare per una volta dai temi trattati in questo blog per rendere omaggio ad un artista che ancora una volta, durante la sua esibizione di ieri sera a San Remo, ha dimostrato di essere un signor comunicatore. Non entro in merito al discorso politico ma desidero sottolineare il perfetto mix di contenuti, stile e teatralità messi in atto nella sua performance.
Per chi non l'avesse ancora visto eccol qua:



Michele Rinaldi

martedì 15 febbraio 2011

TEMPORARY SHOP: UN NUOVO MODO DI FARE EVENTO

Da ormai quasi dieci anni i  “temporary” o “pop up” store fanno parte della nostra realtà distributiva. Anche chi non ama fare shopping ha notato la loro presenza diffusa ovunque. I primi esempi in Italia sono stati sperimentati da distributori, produttori del Largo Consumo e perfino di beni di lusso. Quando sono comparsi, i Pop-up Store sono stati considerati un segno di vitalità. Negozi che dal nulla apparivano per pubblicizzare un marchio (Nivea), per annunciare la  partecipazione a manifestazioni sportive (Swatch), per scusarsi per la chiusura temporanea di un punto vendita per ristrutturazione (Louis Vuitton) o per il lancio di una nuova linea di prodotto (Benetton). L’oggi qui, domani là è un concetto particolarmente attraente per i giovani, crea novità nel panorama di riferimento del mondo al dettaglio. Citiamo come esempio quello di uno stilista americano che ha organizzato un tour di Pop-up, con negozi “guerrilla” annunciati all‘ultimo minuto attraverso i Social Media. Il temporary store è stato inoltre particolarmente efficace per i prodotti del Largo Consumo, che faticano altrimenti a trovare modalità di valorizzazione di idee creative presso il punto vendita, in accordo con i retailer. Diventa pertanto più facile, per la valorizzazione della brand experience, operare fuori dalla Distribuzione Organizzata, con inziative individuali temporanee, che, quando ben organizzate, sono in grado di offrire risultati efficaci:  il valore aggiunto alla formula retail è il brivido della novità, l’offerta del momento. Nell’annunciare con trasparenza la loro esistenza fugace, chiedono un’azione immediata. E dato che non hanno bisogno di interfacciarsi quotidianamente con le richieste operative del distributore, sono in grado di sperimentare idee, organizzazione degli spazi, layout,  in modalità non possibili presso i normali punti di distribuzione . Con i picchi raggiunti dalla crisi economica, il concetto di temporary store ha preso una nuova svolta. Mentre alcuni proprietari si ritengono fortunati ad affittare un locale, anche solo per un tempo limitato, altri si sono resi conto di poter chiedere un affitto più alto per contratti più brevi (a volte su base mensile). In altri casi, il termine "temporary store" è semplicemente una scusa per la vendita al dettaglio di prodotti di basso livello, negozi che sembrano magazzini, che tentano di mascherare il basso standing con l’apposizione dell’etichetta “Temporary store”.  I centri commerciali ormai lo sanno e devono stare attenti: 1-2 “temporary store” sono accettabili. Poi le aspettative degli acquirenti scendono…ed il risultato finale diventa negativo.Oggi il Temporary shop sta virando verso un nuovo concetto di “evento”.
Milano, Corso Garibaldi 59, è la sede di un “buon esempio” di temporary store (continuativo). Gestito da Sidecar, che preferisce chiamarlo "shop-sharing", un mese ha ospitato bar caffè Saeco, poi Durex Reckitt Benckiser e per la settimana della moda di questo autunno è diventato una boutique Givenchy. Una sorta di “location” disponibile, un luogo dove vivere in prima persona l’appeal del brand. Nel mese di dicembre, Ferrero ha potuto far vivere direttamente la preziosità dei suoi prodotti al cioccolato in un affascinante punto vendita dove metre-chocolatiers creavano le famose praline Ferrero, catalizzando l’attenzione del consumatore: una pralina diversa ogni giorno, per gli acquirenti un motivo per tornare! Un favoloso spettacolo visibile dalle vetrine ha soddisfatto curiosità e palati, per un’esperienza gustativa sempre di alto livello. mentre le emozioni scaturite hanno creato un forte legame tra acquirenti e marchio. Nessuno potrà mai dimenticare l’emozione provata nel negozio, mentre vedeva la produzione di un Rocher o di un Mon-Cheri ... portando a desiderare un souvenir di quella caratteristica esperienza! Confezioni speciali, l‘aroma del cioccolato mentre cuoce, i pacchetti regalo - chi può resistere? E ricordate: è un evento, non un negozio. Per avere successo, deve essere in qualche modo “straordinario”. Tenete d‘occhio il prossimo, ma non distraetevi. Perderlo … è un attimo!
Fonte: Mymarketing.net

sabato 12 febbraio 2011

IL FORUM DELLA COMUNICAZIONE DIGITALE

Sarà una giornata ricca di interventi e spunti di riflessione quella del prossimo 16 febbraio, a partire dalle ore 9.00 a Palazzo Mezzanotte a Milano.

Diverse le personalità che si confronteranno su temi di spicco, scelti, quest'anno, sulla base delle preferenze espresse dai membri della Business Community di Comunicazione Italiana, attraverso un sondaggio on line.

Guarda il programma aggiornato qui: http://www.forumdigitale.it/2011/programma.html

Oppure potrai seguire la diretta web su www.forumdigitale.it

Successivamente potrai ritrovare tutti gli interventi dei Relatori su Comunicazione Italiana.

mercoledì 9 febbraio 2011

MAI COME OGGI "I MERCATI SONO CONVERSAZIONI"

La scienza del marketing doveva essere un riferimento preciso, un metodo scientifico per arrivare a porsi sul mercato con chiarezza di obiettivi ed efficaci strategie. Ma al fianco del Kotler nelle librerie è apparso Bauman, che con molta meno scienza ci ha spiegato che i mercati si stavano liquefando, sfuggendo ad ogni regola, invertendo ruoli e mischiando strategie. Ci sono in libreria trattati di marketing che ancora ignorano l’esistenza di internet! Ma internet c’è, e sta riscrivendo tutte le teorie di marketing, che forse fra un po’ non si chiamerà neanche più marketing. Già perché nel concetto di marketing era implicito il pensare il mercato come qualcosa da conoscere, da interpretare, da usare e forse anche da dominare. Oggi invece il mercato siamo tutti NOI, il marketing lo facciamo quotidianamente usando facebook o zappingando su Youtube. Oggi siamo entrati nell’era della Weconomy, l’economia condizionata in ogni momento da tutti noi: WE. Facebook è solo l’inizio di questa rivoluzione.
Con qualche esempio è tutto più chiaro. Supponiamo che vogliate dedicarvi al commercio di vini. Avete a dispozione più canali di vendita, e per ognuno di questi dovreste pensare ad una opportuna strategia commerciale. Il vostro modo di ragionare prenderebbe in esame il gusto del pubblico, ma allo scopo di intuirne i macrocomportamenti. A chi piace il vino bianco, a chi quello con maggior gradazione, a chi quello tanninico e a chi quello più dolce. Non potreste, con i metodi di segmentazione classici, arrivare ad una grandissima profondità nei gusti del pubblico.
Poi dovreste monitorare attentamente tutti i canali di vendita, assumendo feedback dalla clientela, mediati dai gestori dei diversi front end di vendita. Le scelte a livello di comunicazione, sul prodotto alla clientela, di contenuti sull’etichetta o dei consigli sull’uso e la conservazione del vino sarebbero risultati mediati fra tutte le indicazioni ottenute dalla clientela.
Riuscire poi a conoscere il gradimento del cliente, oppure riuscire ad incuriosire il cliente stesso verso gli altri vini da voi commercializzati sarebbe davvero difficile: chi mai del pubblico generico parte da una bottiglia di vino per cercare informazioni sulla cantina di produzione o sull’azienda di distribuzione?
Il marketing classico ci insegna ad usare metodi di lettura del mercato piuttosto invasivi: indagini di mercato, interviste telefoniche, studi statistici più o meno attendibili. Il marketing classico, in effetti, studia il mercato ma, possibilmente, cerca di influenzarlo, di indurre a desiderare un prodotto attraverso azioni di pubblicità mirate. Ma oggi le cose stanno cambiando.
Continua a leggere su www.gremus.it

venerdì 4 febbraio 2011

LA CENTRALITA' DELL'ENGAGEMENT NELLA RELAZIONE CON IL BRAND

Di Stefano Mizzella via http://www.socialmediascape.org

Gamification: le dinamiche di gioco al servizio del business

Per chi si occupa di comunicazione e di marketing online, il termine “engagement” può essere eletto a parola dell’anno. Modellizzazioni come l’ormai celebre experience continuum di Esteban Kolsky hanno mostrato la centralità dell’engagement non solo nella relazione del brand con i propri clienti all’esterno dell’azienda ma anche, internamente, nella relazione con i propri dipendenti.
Una recente ricerca condotta da Alterian nell’ultimo anno, su un campione composto da 1.500 operatori del settore (divisi tra Agenzie, Marketing Services Provider e Systems Integrator) mostra chiaramente quanto la maggior parte delle aziende faccia ancora fatica a costruire e implementare strategie finalizzate all’ascolto e al coinvolgimento degli utenti attraverso i media sociali:
  • Un terzo delle aziende del campione dichiara di utilizzare il proprio sito web unicamente come una brochure aziendale e più della metà (55%) sembra concentrarsi unicamente su offerte e campagne, senza investire soldi ed energie in strategie più articolate di brand experience.
  • La maggioranza degli intervistati ammette di avere competenze analitiche limitate, con scarissima esperienza di analisi relativa in particolare ai supporti digitali (6%).
  • Circa un quarto degli intervistati dichiara di non prestare attenzione a personalizzare la comunicazione e le attività di marketing in riferimento ai specifici canali utilizzati dal brand.
Piattaforme di geo-localizzazione come Foursquare, di idea-management come My Starbucks Idea o di evoluzione dell’esperienza utente come Nike+ sono ottimi esempi di come le dinamiche di engagement possano generare nuove opportunità di business e incrementare la fidelizzazione degli utenti. In tutti e 3 i casi citati appare possibile isolare una forza specifica capace di fare la differenza rispetto a iniziative analoghe: la dinamica del gioco.

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martedì 1 febbraio 2011

STASERA IL PREMIO "DONNA MARKETING" E "DONNA COMUNICAZIONE"

Il Club del Marketing e della Comunicazione organizza, presso l’esclusivissimo Centro Comunicazione Bayer in Viale Certosa 130 a Milano, Martedì 1 febbraio dalle ore 18,00 la Ottava Edizione del premio “Donna Marketing ” , “Donna Comunicazione Azienda” e “Donna Comunicazione Agenzia” per l’anno 2010/2011.
Il significativo ed ambito riconoscimento viene assegnato per la ottava volta in Italia alle 3 ‘manager in rosa’ che si sono particolarmente distinte per impegno, innovazione, talento e professionalità nel difficile e competitivo comparto del Mar-Com costantemente in evoluzione.
Un grande evento, di risonanza nazionale, ed estremamente esclusivo per gli invitati selezionati e per la location prescelta.
Sarà un momento altamente significativo per tutta la Marketing & Communication Community per il prestigio del premio, lo spessore professionale ed umano dei premiati, il livello qualitativo dei relatori e giornalisti .
Un confronto basato sulla meritocrazia alla ricerca dell’eccellenza per meglio definire ruoli e figure femminili del management del terzo millennio.
Come per le edizioni precendenti più di 60.000 tra manager, consulenti, docenti e professionisti della Mar-Com Community sono stati invitati a votare esprimendo liberamente le proprie e personali preferenze.
Chi tra le tante segnalate raggiungerà il numero più alto di voti nella sua categoria, sarà insignita dell’autorevole Premio a “giuria allargata” .
Il meccanismo delle votazioni, di fatto, totalmente democratico e veritiero di una scelta incondizionata e spontanea, senza schematismi preordinati, fa si che il Premio sia “vero” e non artefatto o precostituito e pertanto rende ancora più onore alle 3 vincitrici.

Maggiori info su: http://www.marketingjournal.it/