In un mercato in cui è difficile fare la differenza è ancora più necessario sviluppare strategie di differenziazione, che possano portare a un vantaggio compeittivo sostenibile, dalla concorrenza che si prefiggano:
1.di associare emozioni all’immagine del marchio (branding emotivo)
2.di provocare emozioni nell’utilizzatore.
Quali sono le emozioni che il prodotto può produrre? Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare più da vicino le ricerche sulla psicologia delle emozioni. La ricerca ha evidenziato otto emozioni primarie: gioia, accettazione, paura, sorpresa, tristezza, schifo o repulsione, collera, aspettativa. Dalla loro combinazione emergono combinazioni derivate: ottimismo, amore, sottomissione, spavento, delusione, rimorso, disprezzo, aggressività.
E’ tempo di chiedersi: il nostro marchio suscita emozioni? E il nostro prodotto? La nostra azienda è un freddo erogatore di materie prime, o ha una valenza psicologica per il cliente? Produce coinvolgimento emotivo? I venditori parlano solamente o sanno anche ascoltare, aggrediscono o accolgono, sanno sviluppare ottimismo nel cliente? Chiediamoci quali emozioni produce la nostra azienda nel cliente e soprattutto se vorremmo fargli provare emozioni diverse.
Capire quali emozioni suscita un’interfaccia di prodotto o un’interfaccia di servizio è importante in quanto la gradevolezza dell’esperienza emotiva si correla positivamente alla propensione d’acquisto. Le emozioni sono eventi mentali successivi alla percezione di un oggetto. Le esperienze che le persone hanno dei prodotti generano un’attività mentale, un sentimento che determina anche modificazioni organiche (ansia, rilassatezza, sudorazione, spossatezza). Queste emozioni d’uso si trasferiscono verso l’azienda produttrice in un processo di osmosi emotiva. Le osmosi negative producono invece l’odio verso il produttore, derivato dalla frustrazione d’uso o dalle aspettative non mantenute.
OSMOSI EMOTIVA
Sensazioni ed emozioni generate dal prodotto. Influenza sull’immagine che riguarda sia il marchio, sia tutta l’impresa, sia il venditore.
Ogni prodotto è quindi in grado di generare emozioni, più o meno forti, più o meno intense. La generazione delle emozioni avviene in seguito a rapporti che la persona ha con la superficie del prodotto, con le sue interfacce (interfacce di prodotto). Il concetto di interfaccia esprime infatti ciò che sta tra il prodotto e l’utilizzatore, includendo gli aspetti di superficie, gli elementi visibili e tangibili e tutto ciò che del prodotto viene fruito, visto, toccato e respirato. In termini di marketing e di nascita della pulsione d’acquisto, assume peso la capacità di un’interfaccia di produrre emozioni (piuttosto che semplici input sensoriali, asettici, privi di carica emotiva). In ogni campo merceologico, in ogni target, tali emozioni dovranno essere adeguatamente tarate. Il solo fatto di emettere più dati (più colori o altro) non è sufficiente a creare marketing emotivo. Occorre valutare la rilevanza e la gradevolezza di quei dati per il soggetto.
A livello pratico è necessario analizzare quali prodotti sono suscettibili di possedere funzioni ergogeniche, per poi stabilire la sensazione ergogenica da sviluppare. Lo sviluppo delle sensazioni ergogeniche target dà luogo a strategie di marketing emotivo, che consiste nel pianificare le emozioni complessive generate dal prodotto.