È una nuova tecnica di marketing: si chiama «foreign branding», letteralmente «marchiatura straniera» e consiste nell'assegnare a un prodotto un nome che nell'immaginario del consumatore evochi l'idea della qualità ed eccellenza. Il problema è che nel settore alimentare il «foreign branding» è il principale killer del «made in Italy» perché prodotti chiamati con nomi italiani molto spesso di italiano non hanno nulla.
Poiché i prodotti italiani hanno un valore strategico per le vendite nel mercato interno, nonché delle esportazioni, la contraffazione diventa un tema rilevante che danneggia l'intero sistema industriale del paese. Si possono individuare due correnti principali di contraffazione di prodotti alimentari italiani:
1. La falsificazione illegale delle indicazioni geografiche protette (DOP, IGP).
2. Riferimenti ingannevoli di aree geografiche che utilizzano il nome "Italia", nomi italiani o simboli sui prodotti provenienti da paesi stranieri.
Il fatturato mondiale delle imitazioni alimentari italiane è stimato intorno a 50 miliardi di euro , cioè circa la metà del fatturato di tutta l'agricoltura italiana e dell'industria alimentare, compresi i prodotti DOP e IGP.
Negli Stati Uniti tre prodotti su quattro vengono spacciati per italiani, pur essendo unicamente delle semplici imitazioni i nostri produttori perdono oltre 4 miliardi di euro. Ad esempio: vendono salsa di pomodoro "Contadina" (Roma-style) trasformata in California, provolone del Wisconsin e Mozzarella del Minnesota, in Australia si produce Salsa Bolognese e formaggi come la Mozzarella, Ricotta, Parmesan "Perfect italiano" con l'italiano bandiera sull'etichetta; industrie cinesi locali offrono pomodorini di collina, Parmeson, Caciotta ("formaggi italiani") e addirittura Pecorino ("formaggi italiani"), ma con una mucca sulla confezione, invece di una pecora.
1. La falsificazione illegale delle indicazioni geografiche protette (DOP, IGP).
2. Riferimenti ingannevoli di aree geografiche che utilizzano il nome "Italia", nomi italiani o simboli sui prodotti provenienti da paesi stranieri.
Il fatturato mondiale delle imitazioni alimentari italiane è stimato intorno a 50 miliardi di euro , cioè circa la metà del fatturato di tutta l'agricoltura italiana e dell'industria alimentare, compresi i prodotti DOP e IGP.
Negli Stati Uniti tre prodotti su quattro vengono spacciati per italiani, pur essendo unicamente delle semplici imitazioni i nostri produttori perdono oltre 4 miliardi di euro. Ad esempio: vendono salsa di pomodoro "Contadina" (Roma-style) trasformata in California, provolone del Wisconsin e Mozzarella del Minnesota, in Australia si produce Salsa Bolognese e formaggi come la Mozzarella, Ricotta, Parmesan "Perfect italiano" con l'italiano bandiera sull'etichetta; industrie cinesi locali offrono pomodorini di collina, Parmeson, Caciotta ("formaggi italiani") e addirittura Pecorino ("formaggi italiani"), ma con una mucca sulla confezione, invece di una pecora.
Altri mercati dove il «made in Italy» è penalizzato sono Messico e Canada, ma anche in Europa la situazione non è delle migliori. In Francia, Germania e Olanda più della metà degli alimenti con nomi italiani non sono prodotti nel nostro Paese: produzioni tedesche di Aceto balsamico di Modena e di Amaretto Venezia, mentre in Spagna si imbottiglia olio di oliva Romulo, con relativa immagine della lupa romana.
La nostra dieta mediterranea quindi, è la più imitata, ma i risultati nel resto del mondo lasciano veramente a desiderare.
La nostra dieta mediterranea quindi, è la più imitata, ma i risultati nel resto del mondo lasciano veramente a desiderare.
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