Tecnologie tracciabili e misurabili, più comportamenti sociali permettono di affinare di molto il segnale e diminuire di molto il rumore pubblicitario, se lo si vuole veramente. Qualche giorno fa a un interessante evento privato su e-commerce e dintorni mi sono appuntato velocemente alcuni vettori possibili in ordine decrescente di minore inquinamento percepito da parte dell’utente e di maggiori risultati ottenuti da parte azienda (niente che non ci fosse anche prima, a livello di buon senso, ma ora possiamo potenziarne l’effetto con la tecnologia):
1) Geolocalizzazione: rompo le scatole solo a chi oggettivamente può essere nel raggio di azione di un possibile acquisto, e risparmio gli altri. Anche se tra l’essere in un posto, e il volere acquistare qualcosa ne passa.
2) Comportamento: provo a interpretare gli interessi di acquisto di un possibile compratore dal suo comportamento precedente, e risparmio gli altri che palesemente non c’entrano nulla con il mio prodotto. Attenzione, c’è un problema: lui conosce i suoi gusti e le sue intenzioni future meglio di noi, ovviamente, qualunque indagine spionistica sui suoi movimenti possiamo fare. Quindi la possibilità di errore è elevata, anche se meno che lo sparare nel mucchio.
3) Contestualità: provo a offrire advertising in linea con il contenuto (online e offline). Funziona bene con la ricerca attiva, mentre con il resto, boh, se leggo di treni non è detto che voglia comprare un biglietto del treno. La lettura o la visione di un contenuto e le mie intenzioni di acquisto sono davvero due cose diverse.
4) Social filtering: la comunicazione parla per il tramite dei nostri clienti, che si sono fidati di noi acquistando, e valorizzando la loro opinione in ogni possibile modo (“A cinque tuoi amici piace questo prodotto”). Dall’altra parte, io, lato acquirente, devo poter filtrare il rumore in modo che mi arrivino solo messaggi pubblicitari prevalidati da un’opinione fidata e indipendente.
5) Following: mi sono conquistato la fiducia, e il cliente decide di seguire le mie orme spontaneamente. E’ il più potente, meno impattante e con i risultati migliori nel lungo periodo tra tutte le azioni che potete fare. Però serve costanza, tempo, considerazione, ascolto, e moderazione nel fare i piazzisti. Una variante è il mail marketing: è un po’ come il follower, ma più intrusivo, e a rischio di insidie quando si vuole prendere scorciatoie facili. Basta un attimo per finire nello spam.
Probabilmente però, se avete già fatto tutto questo, sarà prima lui a trovare voi.
1) Geolocalizzazione: rompo le scatole solo a chi oggettivamente può essere nel raggio di azione di un possibile acquisto, e risparmio gli altri. Anche se tra l’essere in un posto, e il volere acquistare qualcosa ne passa.
2) Comportamento: provo a interpretare gli interessi di acquisto di un possibile compratore dal suo comportamento precedente, e risparmio gli altri che palesemente non c’entrano nulla con il mio prodotto. Attenzione, c’è un problema: lui conosce i suoi gusti e le sue intenzioni future meglio di noi, ovviamente, qualunque indagine spionistica sui suoi movimenti possiamo fare. Quindi la possibilità di errore è elevata, anche se meno che lo sparare nel mucchio.
3) Contestualità: provo a offrire advertising in linea con il contenuto (online e offline). Funziona bene con la ricerca attiva, mentre con il resto, boh, se leggo di treni non è detto che voglia comprare un biglietto del treno. La lettura o la visione di un contenuto e le mie intenzioni di acquisto sono davvero due cose diverse.
4) Social filtering: la comunicazione parla per il tramite dei nostri clienti, che si sono fidati di noi acquistando, e valorizzando la loro opinione in ogni possibile modo (“A cinque tuoi amici piace questo prodotto”). Dall’altra parte, io, lato acquirente, devo poter filtrare il rumore in modo che mi arrivino solo messaggi pubblicitari prevalidati da un’opinione fidata e indipendente.
5) Following: mi sono conquistato la fiducia, e il cliente decide di seguire le mie orme spontaneamente. E’ il più potente, meno impattante e con i risultati migliori nel lungo periodo tra tutte le azioni che potete fare. Però serve costanza, tempo, considerazione, ascolto, e moderazione nel fare i piazzisti. Una variante è il mail marketing: è un po’ come il follower, ma più intrusivo, e a rischio di insidie quando si vuole prendere scorciatoie facili. Basta un attimo per finire nello spam.
Probabilmente però, se avete già fatto tutto questo, sarà prima lui a trovare voi.
FONTE: Minimarketing
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