giovedì 30 settembre 2010

CHI SALVERA' IL BRAND?

Chi salverà il brand? No, non è lo slogan di un film drammatico in salsa marketing, però il caso che stiamo per presentarvi con le salse si sposa bene…
Già perché il protagonista del nostro post è Peperami, brand di salami appartenenti al più ampio marchio Unilever, rappresentati iconicamente dall’”Animal” che vedete nell’immagine
(per vederlo “in azione” date un’occhiata qui).
L’anno scorso l’agenzia creatrice di Animal – la Lowe London – è stata licenziata: un rischio per il brand?
Non se ci si affida al crowdsourcing! Unilever infatti ha lanciato un contest che si chiuderà ad ottobre – per la migliore idea, destinata ad essere premiata con 10.000$ e a convertirsi in una pubblicità televisiva più una campagna stampa.
Il tutto grazie alla piattaforma Idea Bounty, in cui ciascuna azienda può esporre i propri “problemi” lasciando agli utenti la proposta di idee per la loro soluzione: saranno poi ricompensati solo i progetti scelti dalle aziende stesse.
Ed in effetti finora sono stati in molti ad affidarsi alla piattaforma, non solo Unilever ma anche WWF, BMW, Red Bull, Chevrolet solo per citarne alcuni.
I costi, neanche a dirlo, sono di gran lunga inferiori a quelli da sostenere per una “classica” agenzia, ma neanche Peperami batte il record – ormai del 2008 – di Doritos, la cui pubblicità fu realizzata “in casa” al costo di poco più di 6 sterline da due venticinquenni. Nel giugno di quell’anno, infatti, la Abbott Mead Vickers.BBDO lanciò la campagna “You make it, we play it!”: la migliore pubblicità creata dagli utenti per il brand sarebbe diventata il nuovo spot TV.
Ancor prima, nel 2007, Procter & Gamble, aveva affidato agli utenti la possibilità di creare un user generated jingle da mandare in onda in Gran Bretagna il giorno di Natale, su ITV1 durante la messa in onda della soap Emmerdale. Il concorso è stato poi vinto da Nils Elders, mentre per l’azienda il costo totale dell’operazione è stato di appena 300$!
Insomma, spese a parte, l’altro grande vantaggio di questo genere di operazioni è il potersi affidare ad un bacino ampio di idee e creatività: dare visibilità ai “vincitori” è però sufficiente a redistribuire il valore che il brand guadagna in termini di risparmio e brand loyalty?
Probabilmente sì, anzi, il crowdsourcing – in questo come in altri casi – sembra essere una strategia vincente.
Al prossimo contest dunque!

Fonte: NinjaMarketing

lunedì 27 settembre 2010

CORONA "SAVE THE BEACH"

E' giunto al termine la scorsa settimana il contest internazionale promosso dalla marca di birra messicana Corona, Save the beach: un progetto simpatico e tutto sommato utile (meglio una spiaggia pulita che niente) che usa un po' strumentalmente la questione ambientale, ma che secondo me è più che "perdonabile" alla luce del fatto che se tutti i brand di consumo "adottassero" l'ambiente, probabilmente vivremmo davvero in un mondo più sano.

Quest'anno l'edizione di Save the Beach è partita da Roma con una iniziativa molto originale, la costruzione del Corona Save The Beach Hotel, il primo albergo costruito con la spazzatura, rimasto aperto dal 3 al 6 giugno 2010.
Successivamente si sono svolte le votazioni per la spiaggia da "salvare": a spuntarla è stata la spiaggia di Bahia de Portman in Spagna, che ha bruciato sul filo di lana la spiaggia italiana del Litorale di Augusta. Terza classificata Capojale, anch’essa italiana.
E così, il 25 Settembre una massiccia opera di pulizia della spiaggia e del circondario a Bahia de Portman verrà effettuata dai volontari di Save the Beach.

Fonte:  greenreporter.myblog.it

venerdì 24 settembre 2010

SCRIVERE LA VISION AZIENDALE

Prendo spunto da un post pubblicato nel gruppo Conneting Managers su Linkedin e dalla definizione trovata su Wikipedia per riassumere in breve cosa significa avere una vision aziendale e come scriverla.

Scrivere la vision della tua azienda non è poi così difficile. Siediti un attimo e prova a rispondere a queste 5 semplici domande e la tua vision sarà subito chiara.
1.) Per cosa al mia azienda vuole essere conosciuta?
2.) Qual’è il mio business?
3.) Quali sono i mercati nei quali v0gliamo andare?
4.) Quale posizione desideriamo occupare?
5.) Quanto lontano vogliamo andare?

Ad esempio: Sarò un riferimento per lo sviluppo e l’innovazione del business delle imprese attraverso l’apporto di nuove idee che sapranno contagiare e ispirare gli imprenditori.

 Il termine visione (vision) è utilizzato nella gestione strategica per indicare la proiezione di uno scenario futuro che rispecchia gli ideali, i valori e le aspirazioni di chi fissa gli obiettivi (goal-setter) e incentiva all’azione.
Sebbene venga di solito usato con riferimento ad imprese, il termine può essere utilizzato anche con riferimento ad associazioni o ad organizzazioni in genere, nonché in relazione ai singoli individui.
Il "manifesto" della visione (vision statement) dovrebbe essere tale da spronare i membri dell’organizzazione (o il singolo nel caso di vision personale) e renderli orgogliosi di farne parte.
Un vision statement efficace dovrebbe:
  • essere chiaro e descrivere in modo vivido un’immagine;
  • riguardare il futuro;
  • essere facilmente ricordabile - sebbene la lunghezza sia variabile è preferibile contenerla il più possibile per facilitarne l’apprendimento;
  • contenere espressioni che facciano presa;
  • riferirsi ad aspirazioni realistiche o comunque verosimili.

giovedì 23 settembre 2010

ANALISI PSICOLOGICA DI UN SITO WEB

MI SEMBRA UN'INIZIATIVA INTERESSANTE...

Quanto centra la psicologia con il web marketing? Ve lo diciamo noi, quanto basta per entrare a pieno titolo in un corso di formazione professionale sul web marketing. L’idea, fin dall’inizio, era di proporre una formazione tecnica e specialistica non tralasciando l’aspetto più emotivo e legato alle sensazioni. Ovvero, che impatto hanno sulla psiche umana colori, forme, contenuti, immagini di un sito web?
Proprio per questo il corso si avvarrà della presenza di Alice Pari, psicoterapeuta che grazie alla sue esperienza nel settore saprà offrire agli scritti una giusta chiave di lettura per quanto riguarda i siti web e le loro caratteristiche. Dopo aver preso in mano i primi strumenti del web marketing, dalla costruzioni di un sito alla sua ottimizzazione, dalla promozione alle strategie di posizionamento, Alice Pari farà un’analisi psicologica di tre siti web famosi in rete per spiegare quanto la psicologia sia alla base di una scelta.
Optare per l’azzurro piuttosto che il verde, scegliere un carattere invece di un altro, creare delle cornici invece di lasciare spazi bianchi ecc… sembrano tutte azioni banali e insignificanti, ma in realtà dietro la costruzione di un sito ci sono messaggi ben chiari e segnali che inconsapevolmente arrivano a chi osserva quel portale. Se noi guardiamo un sito non solo veniamo colpiti dai colori ma percepiamo subito, quasi in modo istintivo, se ci piace o meno e lo facciamo seguendo tutto ciò che ricade sui sensi, in questo caso la vista, protagonista degli impulsi che arrivano alla mente.
Affiancare l’aspetto più tecnico con quello psicologico ci è sembrata la cosa più naturale da fare perché se non conosciamo e non sappiamo come reagisce e si comporta la mente, diventa ancora più difficile intercettare nuovi interessi e soprattutto suscitare la curiosità.

Per saperne di più non resta che partecipare al nostro corso che si terrà dal 30 settembre al 1 ottobre 2010.

Click su http://www.marketinginformatico.it/programma-corso-formazione-privati.php

mercoledì 22 settembre 2010

LA POTENZIALITA' ECONOMICA DEL PASSAPAROLA

Una nuova forma di compravendita basata sull'idea di raggiungere il maggior numero possibile di consumatori attraverso il passaparola
L'avvento di Internet ed il moltiplicarsi di strumenti innovativi a disposizione dei consumatori ha portato al proporzionale aumento di forme finore sconosciute di scambi economici.
Una di queste è il viral marketing. Si definisce così quel particolare tipo di strategia non convenzionale basata sulle potenzialità comunicative di determinati mezzi, ad esempio i social network. L'idea è quella di arrivare a trasmettere un messaggio al maggior numero possibile di utenti finali, in modo da incrementare i potenziali acquirenti di uno specifico bene.
Si tratta, in sostanza, della moderna evoluzione dell'antichissimo passa-parola, l'unica differenza è l'intenzione volontaria di raggiungere un fine specifico da parte dei promotori della campagna, cioè il riconoscimento del brand.
L'origine del termine si colloca a metà degli anni '90 e sta a voler indicare la similitudine con la diffusione esponenziale di un virus. Un tipico esempio di questa singolare forma di marketing, sono le email contenenti storie divertenti o giochi online, che, nel giro di pochi giorni, possono arrivare ad attirare un nutrito numero di visitatori.
Il parere degli esperti rispetto al fenomeno, è molto controverso. C'è chi è fermamente convinto delle potenzialità economiche del viral marketing e chi invece, al contrario, lo stronca in maniera netta e decisa.
Ad onor del vero, bisogna infatti sottolineare come, il più delle volte, ci si trovi di fronte ad eventi temporanei, i cosiddetti Internet meme, che hanno un picco di visite in un determinato periodo e poi perdono progressivamente tutta la loro attrattiva.
Il caso più famoso di viral-marketing può essere considerato, senza dubbio, il sito www.milliondollarhomepage.com di Alex Tew, uno studente inglese che, per pagarsi gli studi universitari, ha messo in vendita, al costo di un euro, lo spazio corrispondente ad un milione di pixel.
Questo, in pratica, il funzionamento dell'home page strutturata da Tew. La pagina principale del sito era stata impostata come un'immagine suddivisa in aree cliccabili quadrate della dimensione di 10x10 pixel, per un totale, appunto, di un milione di pixel. Ogni area acquistata dall'utente diventava poi un link verso il sito dell'inserzionista di cui era possibile vedere lo slogan passando col puntatore del mouse sopra la sua area.
Il sito, lanciato nel 2005, si attestò, in poche settimane al numero 127 per il traffico complessivo generato e si chiuse definitivamente nel gennaio del 2006 totalizzando un incasso di 1.037.100 dollari.
Considerati i pareri controversi, per testare l'effettiva validità di una campagna basata sul viral marketing, l'agenzia di comunicazione Millward Brown, dopo aver visionato 102 spot, ha messo a punto il Creative Viral Protection (Cvp), un test da utilizzare proprio per prevedere il potenziale virale di un'iniziativa.
Esso sarebbe legato, secondo gli autori, a quattro caratteristiche fondamentali: awareness, (riconoscibilità di un marchio e relativa associazione al prodotto) buzz (grado di passaparola legato allo spot), celebrity (grado di conoscenza del prodotto rispetto al target) e distinctiveness (livello di differenza tra il messaggio preso in esame ed altri attigui da diversi punti di vista).
Simona Tenentini via Manageronline

lunedì 20 settembre 2010

FLASH MOB "SCHIACCIA LA SFIGA" DAVANTI ALLA CASERMA

In occasione del venerdì 17 settembre Creativity Sharks  ha voluto esorcizzare la sfortuna con una simpatica iniziativa: “Schiaccia la sfiga”, evento organizzato in modalità “flash mob”.

L’evento si è tenuto a Brescia, in Piazza Tebaldo Brusato, in una location insolita in quanto proprio antistante alla caserma dei Carabinieri.

I partecipanti invitati a saltare su strisce di pluriball gigante (materiale utilizzato negli imballaggi per proteggere le merci), hanno creato un “effetto scoppio”, compiendo nello stesso tempo un atto liberatorio, un augurio per il nuovo anno lavorativo e scolastico.
 All’evento hanno partecipato un buon numero di persone che hanno vissuto il flash mob come un momento di “follia”, come si può vedere dalle fotografie e dai video realizzati e disponili nella pagina facebook dedicata all’evento.

L’iniziativa è stata promossa unicamente a livello locale al fine di stimolare una città solitamente poco abituata a ricevere questo genere di input e sensibilizzarla così a forme di comunicazione alternativa.



Commenta il video su Youtube

giovedì 16 settembre 2010

IL NUOVO TWITTER

Ho trovato su Linkedin, nel gruppo Social Media Marketing Italia, questa interessante presentazione delle novità legate a Twitter.

Nuovo Design
Il nuovo sito ha una linea più attuale e pulita, un pannello ricco di dettagli che da maggiore impatto ai tweets individuali, pur mantenendo la semplicità dell’attuale versione. Non sarà più necessario cliccare su “more” per visualizzare i tweet aggiuntivi.

Media
Nella nuova versione sarà possibile vedere foto e video incorporati direttamente in Twitter, grazie alla partnership con DailyBooth, DeviantART, Etsy, Flickr, Justin.TV, Kickstarter, Kiva, Photozou, Plixi, Twitgoo, TwitPic, TwitVid, GUSTOin, Vimeo, yfrog, e YouTube.

Contenuti Correlati
Quando farete clic su un tweet, nel riquadro dei dettagli verranno visualizzate informazioni aggiuntive relative all’autore e al soggetto. A seconda del contenuto sarà possibile vedere: risposte, tweets da parte di altri utenti, una mappa da dove il tweet è stato inviato, e altro ancora.

Mini Profili
Facendo clic sul nome di un utente, si porta visualizzare un mini profilo senza entrare nella pagina.

mercoledì 15 settembre 2010

AIDA - ATTENZIONE, INTERESSE, DESIDERIO, ACQUISTO APPLICATI AL WEB MARKETING

Applicare AIDA all’intero processo di web marketing

Ma mentre molti blog parlano di applicare AIDA alla sola landing page, ritengo sia interessante estenderne l’applicazione all’intero processo di Web Marketing, meglio dire di Inbound Marketing. Vediamo un esempio legato ad un sito, partendo quindi dalla ricerca dell’informazione in rete da parte del potenziale cliente
  • Attenzione (Attention o Awareness)
    • il potenziale cliente si collega a Google. Inserisce un termine di ricerca e riceve la pagina di risposta. Effettua una scansione veloce della pagina. In base alle informazioni che legge sceglie uno dei link, lo clicca (più del 75% dei click sono sui risultati non sponsorizzati, il restante sui link a pagamento) e arriva alla tua pagina (bravo! ci sei riuscito)
  • Interesse (Interest)
    • adesso devi mantenere la promessa fatta (con il titolo e la descrizione) sulla pagina di risposta di Google e comunicare i vantaggi ed i benefici della tua offerta. sei ci riesci sei bravo ed il navigatore/potenziale cliente rimane sul tuo sito per approfondire. se non ci riesci dopo pochi secondi il potenziale cliente torna su Google e poi a consultare le pagine dei tuoi concorrenti
  • Desiderio (Desire)
    • mentre il potenziale cliente naviga il tuo sito devi indurre in lui il desiderio, persuaderlo che la tua offerta soddisfa i suoi bisogni. qui entrano in gioco anche fattori emotivi. un buon testo persausivo, una buona presentazione, tengono ancora il potenziale cliente da te. se non riesci a scaturire il desiderio nel potenziale cliente, qualche click e torna su Google a cercare alternative dai tuoi concorrenti
  • Azione (Action)
    • il potenziale cliente rimane sul tuo sito, ottimo .. manca poco. il grosso del lavoro è fatto. ma devono essere presenti dei messaggi che lo inducono a compiere l’azione che vuoi (le famose call to action). vuoi che il potenziale cliente ti lasci i suoi dati? proponigli una iscrizione ad un servizio di newsletter (email marketing), invitalo ad iscriversi ad un club che permette l’accesso a contenuti esclusivi, proponigli lo scaricamento di un e-book. Vuoi vendere? proponigli di chiederti una offerta, oppure di acquistare subito, se il tuo settore lo permette. ricordati: se non chiedi non ottieni. non è il semplice link “contattaci” che ti fa ottenere risultati.
      se vuoi conquistare una persona che ti interessa devi chiedere il numero di telefono oppure un appuntamento. è così anche nella vita normale. e come nella vita normale le cose si chiedono al momento giusto.
In realtà AIDA è un modello che può essere applicato a diversi momenti del processo di web marketing e durante il processo descritto in questo articolo l’AIDA si canta molte volte. il principio è sempre lo stesso

FONTE: blog.acrilica.com

lunedì 13 settembre 2010

27 LETTERS.. UNA NUOVA APPLICAZIONE GRATUITA BY GETTY IMAGES

Oggi vi segnalo un'interessante iniziativa che mi è stata comunicata da Getty Images e che ritengo possa essere utile a tutti coloro che necessitano di cercare, scegliere ed utilizzare immagini nel campo della grafica, del design e della pubblicità. 
Si tratta di 27 Letters, un’applicazione gratuita, dedicata al segmento Agency, che è stata pensata per essere una vera e propria fonte di analisi ed ispirazione per i creativi.  E’ una vetrina in continuo aggiornamento sugli ultimi trend visivi, e mostra le immagini usate in campagne, siti, blog, in tutti i settori come advertising, arte, architettura, design, moda, spettacolo, cinema, news, sport, fotografia e altro.  Ad essere esposte, sono le migliori immagini, quelle più utilizzate, più discusse, tratte dai 250 siti
web e blog più influenti della rete.
Per consultare questo vastissimo catalogo multimediale, è possibile ricercare sia per categorie
(moda, news, advertising, architettura, design, arte, celebrità, intrattenimento) che per ordine
alfabetico inglese, (ad esempio: A sta per Analogue Nation, B per Brand Babble e C per Cellphone
Hero). Basta semplicemente registrarsi, in maniera gratuita, al sito.

venerdì 10 settembre 2010

MAGNIFICO ESEMPLARE DI ADV

Oggi vi segnalo una campagna che ha vinto nel 2007 il Grand Prix della Stampa al Festival di Cannes. Si tratta della pubblicità realizzata per i detersivi Tide. La campagna doveva, come sempre, comunicare la promessa fondamentale del prodotto, ovvero l'efficacia contro le macchie: la scelta creativa è stata quella di rappresentare il contrasto tra le macchie e il loro nemico storico, il detersivo, come una lotta tra gli uomini. Gli uomini che rappresentano le macchie sono sempre accerchiati e  a noi non resta che immaginare che, come nelle migliori favole, i più forti vinceranno cancellando le macchie dal mondo.
In una categoria merceologica abituata ad una comunicazione di tipo empirico-razionale è sicuramente un modo molto innovativo e coraggioso di parlare al target.


mercoledì 8 settembre 2010

COINVOLGENTE VIRAL MARKETING

Mezza blogosfera ne ha già parlato, forse perchè l’esperienza Subservient Chicken non è stata ancora dimenticata, nonostante siano passati quasi 5 anni.
Autore dell’ultima avventura interattiva su YouTube è la Tipp-Ex, marca tra le più conosciute per la produzione di correttori (o bianchetto).
Il video propone una sfida storica, cacciatore vs orso bruno, la voce narrante invita il cacciatore a sparare all’orso che si era avvicinato in modo invadente alla tenda. A questo punto lo spettatore è messo nella posizione di dover scegliere “shoot” o “don’t shoot”? entrambe le scelte portano allo stesso risultato: il cacciatore prende il bianchetto da quello che sembrava un semplice banner, cancella la scritta “shoot” ed invita l’utente ad inserire un altro verbo. Inserite il verbo che preferite e rimarrete sorpresi dalla quantità di scenette realizzate.

FONTE: http://www.bloguerrilla.it/



http://www.youtube.com/watch?v=4ba1BqJ4S2M

martedì 7 settembre 2010

IL MARKETING STUPRATO ( nuovi commenti)

Riporto all'attenzione di tutti questo vecchio post in quanto in questi giorni sono stati inseriti nuovi commenti che ritengo molto interessanti e che mi piacerebbe fossero da stimolo per nuove riflessioni.


Quando "Direttore Marketing" è solo una scritta...

Oggi vorrei denunciare i sintomi di una “malattia” che colpisce prevalentemente le PMI ma che è capace di contagiare anche luoghi ed organigrammi importanti. Nelle aziende italiane ci sono molti, troppi presunti direttori o responsabili marketing. Sono persone chiamate da lungimiranti imprenditori e/o supermega dirigenti galattici (per dirla alla Fantozzi) al fine di studiare e sviluppare efficaci strategie. Peccato che tutte le premesse si dissolvano molto spesso in: mera attività commerciale, gestione incoming clienti italiani ed esteri, ossessionanti richieste di  preventivi, compilazione di documenti inutili, puntuale castrazione di idee e suggerimenti, discesa irrefrenabile verso il fondo dell’organigramma aziendale. In altri casi, invece, l’imprenditore affida le sorti del povero marketing ai propri figli o figlie pensando così di ripararsi da eventuali danni arrecati all’azienda dalla loro momentanea inesperienza.
Ora, io mi chiedo: per quanto ancora il nostro povero marketing subirà queste “violenze”?  Quando questa “malattia cronica” verrà sconfitta?
Il direttore marketing di un’azienda dovrebbe essere sempre considerato una figura chiave dell’impresa, perché è colui che può e deve rappresentare il faro, la luce che guida R&D, vendite e comunicazione. Gli imprenditori scettici su questo aspetto dovrebbero farsi un esame di coscienza e rendersi conto che se lasciato lavorare, o meglio PENSARE,  un bravo uomo di marketing può recare all’impresa maggiori benefici e fatturato di qualsiasi forza vendita. Queste persone devono convincersi che per trasformare la propria azienda da product a marketing oriented il marketing strategico non può essere fatto dietro ad una scrivania, oberati di scadenze ed operatività contingenti ma che bisogna lasciare ai manager il tempo di leggere, cercare, imparare, confrontarsi, ascoltare e soprattutto, ribadisco, pensare.
Probabilmente con queste riflessioni ho scoperto l’acqua calda e focalizzare il problema evidentemente non è sufficiente, quindi vi chiedo: se cercassimo insieme di redigere un manifesto a difesa della funzione marketing.. Il vaccino di questa “malattia”? Cercasi volontari…
Michele 

lunedì 6 settembre 2010

INTERVISTA A DERRICK DE KERCKHOVE, GURU DEI NUOVI MEDIA

Voce autorevole del dibattito internazionale sulle nuove tecnologie della comunicazione, Derrick de Kerckhove è direttore del McLuhan Program in Culture and Technology e docente di Sociologia della cultura digitale e di comunicazione, marketing e pubblicità, all’Università degli Studi di Napoli.
Linda De Feo
 
Il rapporto con lo schermo del computer estende notevolmente, come lei ha sottolineato ne La pelle della cultura, i poteri individuali di “immaginazione, concentrazione e azione”. Quali sono le influenze delle nuovissime tecnologie sulla configurazione delle modalità del consumo?
Il consumo è solo un aspetto della globalità in cambiamento. Sono molto interessato al presente, ma devo assolutamente confessare che non so ancora a che cosa assomiglierà la totalità che muta. Stiamo attraversando una fase, abbastanza avanzata, di transizione in cui le categorie di consumo e profitto divengono progressivamente più fluide. La connettività, la partecipazione cognitiva, sempre più condivisa, ha inglobato i consumatori nelle fasi di progettazione dei prodotti. Il rapporto con lo schermo del computer costituisce una strana estensione della coscienza, capace di interconnettere tutti con tutti. Lo schermo informatico ha reso possibile, per la prima volta, la diffusione dell’interazione mediatica tra numerosissime intelligenze, che contemporaneamente mettono in gioco identità, gusti, tendenze, preferenze, e che si esprimono in modo sempre più forte e definito.
Come muta l’organizzazione mentale dell’individuo immerso nella pratica costante dell’interattività, che connette senza pause il pensiero soggettivo a quello collettivo?
Prima di tutto una caratteristica che cambia è l’ipertestualità, vale a dire il fatto che, grazie alle tecnologie interattive, non solo abbiamo un accesso alla nostra memoria e alla nostra coscienza, ma abbiamo anche un accesso, sempre più veloce e sempre più pertinente, all’informazione, alla teleazione praticabile, al “telecomando”. I soggetti instaurano un rapporto ipertestuale con l’informazione. Google, Wikipedia e altri strumenti di ricerca ci dicono che il digitale è il contenuto cognitivo di quello di cui abbiamo bisogno. Vivere costantemente nell’interattività significa essere immersi non solo in una realtà aumentata, ma in una coscienza, una cognizione aumentata. Ritengo che sia opportuno rivalutare Teilhard de Chardin e il suo concetto di noosfera. La massa pensante, adombrata dal pensiero teilhardiano, formata dall’insieme dei pensieri individuali fluttuanti al di sopra della biosfera, si sta realizzando compiutamente nella concretezza del vissuto quotidiano. I vari modi di interattività tra i soggetti, e tra i soggetti e l’ambiente, sono intelligentissimi, e producono cambiamenti molto veloci sul piano della politica, del mercato, della coscienza. L’unico modo per superare la perdita dell’identità è un ancoraggio al corpo fisico, una riscoperta della dimensione organica, che rimane ineludibile: non siamo smaterializzati affatto, perché se lo fossimo saremmo anche morti. Il solo punto di riferimento è tattile, propriocettivo. L’interattività realizza una nuova modalità di proiezione elettronica del sistema nervoso, l’estensione appunto della valutazione tattile. Anche se emergono prodotti digitalizzati, la resistenza della materia continua a essere pertinente, come dicevano i filosofi francesi della fine del secolo scorso. Il rapporto di vita è organico, biologico.
Il pubblico sperimenta inedite modalità di creazione delle forme di rappresentazione e partecipa all’invenzione di sistemi di segni. Come appaiono le identità tipiche degli abitanti della Rete, al contempo produttori e consumatori?
James Joyce diceva già: “My consumers aren’t they my producers?”. Alvin Toffler inventava la parola pro-sumer molto tempo prima dell’apparire di Internet. L’identità ibrida proviene naturalmente dalla nuova società, non più dello spettacolo, come era definita da Guy Debord, ma della partecipazione e della conversazione.
Il mondo digitale continua a ridefinire la vita sensoriale degli utenti. Come si configurerà, nel prossimo futuro, la fascinazione e la seduzione delle strategie pubblicitarie?
Le strategie pubblicitarie dovranno innanzitutto contare più sull’esperienza che sui concetti o sulle idee. La loro seduzione dovrà essere più fisica, richiamando il concetto di estetica in senso etimologico e il suo riferimento preciso al termine sensazione, appunto aísthesis. Quando parlo di estetica non mi riferisco mai all’accezione comune del termine, ma evoco, ancora una volta, la dimensione organica.
In che modo si delineano le nuove frontiere del commercio elettronico nell’ambiente esperienziale che rende concreto l’ideale del network paradigm, rappresentato dalla comunicazione diffusa in Rete di ciò che Lei definisce “intelligenza connettiva”?
Sto provando a immaginare una grammatica della Rete e mi piace descrivere quest’ultima come un insieme di cristalli di neve, sempre diversi, di nodi complessi che si formano intorno a varie modalità. Google, Wikipedia, Twitter sono strutture cognitive fondamentalmente differenti, ma affidabili e costanti. L’intelligenza connettiva si configura come i fuochi d’artificio napoletani, permanenti, gli unici al mondo capaci di scoppiettare anche a mezzogiorno. La logica sociale di alcune comunità online accentua la tendenza, rendendola progressivamente più evidente, ad associare i prodotti in base ai gusti dei consumatori.
La Rete utilizza le potenzialità cognitive della connettività e fa emergere la forma del social network in tutta la sua centralità. Come descriverebbe le nuove tipologie di relazioni emergenti dal cyberspace, e in particolare dalle comunità virtuali, organizzate secondo imprevedibili logiche bottom up?
Gli elementi più rilevanti nella dimensione del bottom up sono l’immediatezza della connessione e il crescere della sua pertinenza. Nelle logiche bottom up emerge un ordine molto preciso, non segnato da confini spaziali e temporali, legato a una disponibilità perenne, un permanente essere a disposizione. Si delinea una telepresenza costante, la compresenza di tutto con tutto, un’ubiquità che crea rapporti diversi, non più limitati dallo spazio e dal tempo. Non amo particolarmente Facebook, ma devo riconoscere che si tratta di un fenomeno assolutamente stupendo, costituito da comunità caratterizzate dalla dimensione della gioventù, che creano nuove tipologie di relazioni, così come avviene con Twitter, paragonabile a un sistema nervoso pulsante. Twitter è la comunicazione istantanea tra tutti, è caratterizzato dall’iperlocalismo e al contempo è a disposizione globale. Si sta avverando la previsione di McLuhan, il quale sosteneva acutamente che sarebbe giunta un’epoca in cui tutti avrebbero osservato tutti e avrebbero fatto commenti su tutti.
Attraverso le piattaforme di social software online è molto più facile studiare l’affiorare delle tendenze. Quali sono le attuali forme di applicazione dell’intelligenza connettiva al marketing?
La convergenza dei media, che il marketing comincia a usare per coinvolgere il pubblico in maniera efficace, è una forma di intelligenza connettiva in azione. La promozione, a volte, è paragonabile a un’esplosione improvvisa, ma, in generale, il marketing richiede una collaborazione, facilitata attualmente dall’intelligenza connettiva e dalle varie possibilità di interazione con il pubblico. Il blogging è una forma di marketing molto differente rispetto a quella costituita da un video fruibile su You Tube. La regola d’oro della promozione consiste nel creare comunità. I comportamenti di coloro che si aggregano intorno alle community e alle piattaforme di social network, in cui si consolida il sentimento comunitario tra i consumatori fedeli ad un brand, sono osservabili e analizzabili.
Tra i prodotti di largo consumo ancora diffusi tramite canali tradizionali rientrano anche quelli del mondo dell’editoria. È un settore destinato a trasferirsi interamente in Rete?
Tutto il mondo dell’informazione sarà messo a disposizione sulla Rete, nell’aria cognitiva in cui siamo immersi. Se ci si chiede a che cosa servano il corpo, l’evidenza, l’archivio, l’oggetto materiale, ci si dovrà rispondere che in alcuni casi essi valgono poco, in altri, invece, molto. Non c’è dubbio che alcune industrie non possono più sopravvivere con la stessa efficienza, come, ad esempio, accade per l’industria della carta. È altrettanto indubbio, però, che i libri e i giornali cartacei continueranno ad esistere. Non tutto si convertirà in bit, anzi, l’informatica sta creando nuove forme biologiche e accadrà che il bit si trasformerà in atomo. Lo scambio tra l’analogico e il digitale è permanente, il dialogo tra il fisico e il virtuale è costante. Questo è un segno della coerenza del rapporto tra la realtà e il suo aumento. È un segno del futuro.

Fonte: http://www.b2b24.ilsole24ore.com/articoli/0,1254,24_ART_2899_cmsGDOWEEK,00.html

venerdì 3 settembre 2010

MARKETING CONVERSAZIONALE

I social media sempre si fanno protagonisti del mercato, attraverso conversazioni tra consumatori, a cui le aziende non solo non possono rimanere estranee ma devono partecipare attivamente con strumenti e professionisti ad hoc, internamente ed esternamente alla propria struttura.
Per comprendere meglio queste dinamiche, Eccellere intervista Luca De Felice, Senior Consultant e Responsabile dell’offerta Web 2.0 di Live Reply, autore del volume “Marketing conversazionale”, edito dal Gruppo 24 Ore.
Il Suo libro invita le PMI ma anche i professionisti ad introdurre in modo semplice una forte innovazione tecnologica e culturale; a questo proposito, uno dei primi concetti che introduce al lettore è quello di Controllo, inteso come nuova leva di marketing, nelle mani non delle aziende ma, per la prima volta, degli utenti/clienti/consumatori. Le aziende stanno rispondendo con l’attivazione di staff di professionisti e strumenti ad hoc. Quanto a lungo dunque pensa possa davvero rimanere questo controllo nelle mani degli utenti?
Il cliente sta progressivamente trasformandosi in utente e sta acquisendo piena visibilità delle variabili in gioco e dei rapporti di trade-off tra prezzo e qualità del prodotto, avendo dissipato la tradizionale asimmetria informativa fra le controparti.
Cambia quindi la relazione tra il nuovo protagonista del mercato e l’azienda e si generano due importanti trend: da un lato gli utenti, avendo una maggiore capacità di reperire informazioni, riescono più facilmente a individuare prodotti di nicchia che possano soddisfare appieno le loro esigenze; dall’altro lato vengono alla luce nuovi modelli di business, come i modelli freemium, l’economia del “baratto digitale” e la valorizzazione della reputazione online. La leva di marketing in oggetto deve spontaneamente nascere dalla corretta interpretazione dei nuovi trend in atto e quindi dal sempre maggior Controllo degli utenti.
L’obiettivo è quello di assecondare tale controllo e attuare una serie di azioni specifiche a vantaggio dell’azienda, dalla rivisitazione delle tradizionali strategie di pricing e di cost saving online, all’introduzione di asset di social CRM (profilazione) e di specifici algoritmi (motori di highlight e recommendation) volti alla valorizzazione dello scambio di informazioni sociali tra utenti.

Leggi tutto qui

Marketing Conversazionale
Dialogare con i clienti attraverso i Social Media e il Real-Time Web di Twitter, FriendFeed e Facebook
di Luca De Felice
pp. 178
Editore Il Sole 24 Ore Libri
Anno 2010 

giovedì 2 settembre 2010

ETICA NELLE RP: LAVORARE SOLO SU QUELLO CHE SI CONDIVIDE?

Di Biagio Oppi, scritto sul blog PRanista

Sto per finire il libro di Patricia Parsons – su Google libri: Ethics in Public Relations – e l’ho trovato molto utile per stimolarmi varie riflessioni che vorrei approfondire appena lo finisco. Sono tantissime le tesi con cui mi trovo in disaccordo, ma a maggior ragione il libro mi stimola a leggerlo, rileggerlo e rifletterlo.
Però adesso sono sul capitolo intitolato PR per una gang di bikers e ho un’impellente urgenza da soddisfare:
l’autrice sostiene che si possa far PR, in maniera etica e corretta, solamente per committenti e/o progetti di cui si condividono i valori e le idee. La Parsons contesta l’analogia tra relatore pubblico e avvocato: cioè il fatto che il PR possa farsi portavoce delle istanze di chiunque.
In una recente discussione con una collega, pure lei sosteneva il punto di vista della Parsons, declinato ad esempio in politica: se non condivido un’idea di un partito/politico, non posso gestire la sua comunicazione e le relazioni pubbliche ad esso connesse. Io sinceramente non sono d’accordo.
Credo che la nostra professione e chi ci si riconosce (seguendo i codici etici e un’attitudine condivisa dalle associazioni professionali) abbia un livello base di valori comuni che sono in gran parte quelli della società liberale-democratica contemporanea (tolleranza, rispetto per gli altri, democrazia, uguaglianza, ecc.). Che vanno rispettati a priori.
A partire da quel livello credo che il nostro intervento debba essere più tecnico che ideologico, altrimenti intravedo diversi rischi:
- che la professione venga esercitata in determinati contesti (partiti, gruppi sociali, non-profit) più per crediti ideologici che per merito e competenza, svilendone la funzione;
- che l’ideologia accechi e non permetta di svolgere il ruolo di mediatori che i relatori pubblici hanno;
- che venga così rimosso il concetto stesso di ascolto degli stakeholder per una mera funzione di comunicazione a una via: non siamo forse i rappresentanto degli stakeholder nell’organizzazione?
Tre punti (non per niente in contrasto con gli Stockholm Accords) che mi sembra bastino già a dimostrare come il relatore pubblico non debba essere ideologizzato… altrimenti si trasforma in mero propagandista.
Che ne dite?
Tra l’altro una delle obiezioni della Parsons è che non siamo come gli avvocati perché gli avvocati si basano su un sistema, quello giuridico, frutto di secoli di sviluppo. Nella differenza tra sistema mediatico (o dell’opinione pubblica o della reputazione pubblica) e sistema giuridico, sarà perché sono figlio di scienze-dell-acomunicazione e di altre deviazioni mcluhaniane, vedo una mera differenza tecnologica e di temi: il sistema mediatico ha visto un’accelerazione incredibile negli ultimi anni, ma ciò non significa che non si configuri come un’arena in cui tutti hanno diritto a vedere difesa o consolidata la propria reputazione.