martedì 25 maggio 2010

LE NUOVE FRONTIERE DEL GREEN MARKETING

Verde, verdissimo, fortissimamente verde. Non è più solo moda di passaggio, né un impegno militante.
Green è d’obbligo per un’economia post-crisi che deve conquistare il consumatore. Il cliente del XXI secolo vuole prodotti sicuri, economici, di aziende fidate con un’impronta ecologica ben definita. La sostenibilità ambientale non è più un affare della borghesia istruita e progressista; sta diventando un affare di tutti. Le indagini di mercato parlano chiaro: il 52% dei consumatori prediligono prodotti di aziende con una forte reputazione verde, il 92,4% degli italiani vuole che non implichino un rapporto predatorio con la terra e il 67% è pronto a “punire” i comportamenti irresponsabili delle aziende. Dati alla mano Lifegate ha lanciato il primo premio “ comunicazione sostenibile” che verrà assegnato il prossimo 26 maggio a chi sa associare all’originalità dell’idea creativa , la “capacità di promuovere un approccio responsabile al consumo”.
E’ qui che sta la sfida del neo-marketing; il must è si ancora oggi assicurare il massimo del profitti ma come spiega Paolo Inghilleri dell’Università di Milano, “ il rapporto uomo natura sta cambiando, è parte del nostro vissuto. Se adotto pratiche a basso impatto ambientale, sento che ho un’etica, che faccio cose concrete che mi fanno star bene”.
“Ecologia e marketing possono remare l’una contro l’altra: una vuole farvi consumare di meno,l’altro di più. Una rifiuta il consumismo, l’altro lo alimenta. Ma non sempre sono in opposizione”, chiarisce il britannico John Grant ideatore del Green Marketing Manifesto: “ Il marketing può contribuire a “vendere” nuovi stili di vita, una funzione quanto mai necessaria oggi di fronte all’urgenza di limitare gli effetti del cambiamento climatico” . La sfida è far recepire al consumatore migliaia di alternative possibili, dai packaging biodegradabili alle auto ibride, fino ad Ariel che chiede ai clienti di non usare la lavatrice sopra i 30° gradi.
“Il marketing riesce molto bene a far apparire normali cose altrimenti troppo nuove e originali per essere accettate. E’ ciò che ha fatto negli ultimi vent’anni con l’informatica. La sfida per i prossimi venti è cavalcare l’onda dell’innovazione tecnologica”.
Qualcuno lo chiama già g-commerce ( come e-commerce ma con la g di green) come ad esempio il mercato dei frigoriferi di classe A o degli alimenti biologici per l’infanzia dove i prodotti sostenibili raggiungono il 60% del volume di vendite. La presa di coscienza del consumatore è lenta ma apre nuovi scenari.
Il riposizionamento verde interessa molto anche i distributori che tendono ormai a privilegiare prodotti locali, i cosiddetti “chilometri zero” o adottando soluzioni architettoniche a basso impatto energetico come pannelli solari sul tetto. La lista è lunga, dalla Coop alla Conad, cui si è aggiunta Wal-Mart, il colosso Usa che nei suoi megastore ha ridotto imballaggi e carburanti fossili aumentando prodotti biologici, introducendo lampadine a basso consumo e perfino dei cactus ad alta resistenza climatica come arbusti decorativi.
“ Parlare di sostenibilità nella comunicazione apre grandi frontiere, ma per ora in Italia riguarda un elitè”, ha ammesso Fabrizio Caprara amministratore delegato di Saatchi& Saatchi ad un recente convegno. Mentre Marco Cremona, direttore creativo McCann Erickson ha rilevato che “molte aziende spesso dimenticano di comunicare al grande pubblico quanto siano già sostenibili; il marketing può assumere diverse gradazioni di verde. Ci sono aziende che incorporano l’ambiente nel loro stesso Dna coma la Timberland, altre condividono le responsabilità come allearsi a Legambiente o WWF come Ferrarelle e Electrolux anche ancora, purtroppo, si limitano a pennellate verde-acqua negli spot pubblicitari”.

Diana de Angelis via NewNotizie

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