lunedì 10 maggio 2010

LA COMUNICAZIONE AZIENDALE COME CONVERSAZIONE

Un posto dove esserci, per tutti coloro che si occupano di comunicazione aziendale, era la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano in questi giorni, dal 4 al 6 febbraio: erano i giorni della selezione italiana del WIF ma soprattutto di DUE.1: un festival fatto di convegni, workshops, barcamps per approfondire i significati e le implicazioni del digitale nella nostra vita quotidiana e nelle nostre aziende. E infatti D.U.E. sta per Digital User Experience, ma sta anche per il numero 2, il numero minimo della comunicazione. Bisogna essere almeno in due per comunicare, e per mettere in relazione questi due poli serve una relazione, un’interfaccia, un momento o strumento di socializzazione. Il risultato è la conversazione, la condivisione, il contenuto generato dagli utenti, il sovvertimento dei concetti gerarchici in cui il mondo del business è cresciuto per decenni (per secoli?) fino all’altro ieri.
Merita allora un plauso Nel segno dell’8, capitanata dal socio Adico Stefano Saladino, che ha concepito e organizzato questa rara e meritoria iniziativa per sviluppare un po’ la conoscenza e la competenza in tema di applicazioni del digitale anche dalle nostre parti. Azzeccatissima anche la sede: respirare un po’ d’aria di campus dovrebbe essere obbligatorio con cadenza almeno semestrale, è roba che fa bene alla salute dei manager e relative aziende.
Si sono fatti tanti “discorsi”, in questi giorni, riflessioni che urgono perché, come rileva un signore molto più autorevole di me nel suo blog va curata con nuova attenzione l’interfaccia di questo crescente dialogo, in quanto “l’era della comunicazione megafono, quella che punta solo sul volume di voce” volge ormai al termine. Interfaccia intesa nel suo senso originario, più tecnico, ma anche in senso lato: si è discusso anche di overload di informazioni, di orientamento nello e di gestione dello sterminato universo digitale. E a questo proposito, guarda un po’ che cosa capita di trovare, proprio nei giorni di DUE.1, sulle pagine di MasterNewMedia: Howard Rheingold che reinventa la definizione di digital divide: “Sono sempre più convinto che il digital divide non riguarda più tanto l’accesso alla tecnologia quanto la differenza tra quelli che sanno come fare e quelli che non lo sanno (…) Come usare la tecnologia e come usare il cervello con la tecnologia”.

FONTE: adicoblog

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