Riporto un post molto interessante scritto da Vittorio sul blog Estrogeni.
Buona lettura!
"Permettete? Un pensiero liquido.
Dopo anni a crogiolarmi tra letture più o meno impegnate, attraversando le vie strette e buie di Gotham City o cavalcando le onde del Mar dei Caraibi con il fascinoso Dirk Pitt, o mangiando parole dai libri di Jamie Oliver, prima o poi doveva arrivare il giorno in cui avrei messo da parte fumetti e ricettari, per lanciarmi su qualcosa di più borrelliano.
Ieri sera, ho iniziato a leggere Amore Liquido di Bauman. Speravo mi conciliasse il sonno e invece mi ha tenuto sveglio pensando a questo post.
Secondo Bauman, nell’odierna società liquido-moderna, le persone anziché parlare di partner, parlano di reti. Sostituendo alla parola rapporto, quella di connessione. Definendo la dinamica più interessante delle reti nella capacità delle persone di attraversare momenti di contatto intervallati da periodi di libera navigazione. Situazione, questa, proliferata grazie all’esplosione degli ambienti virtuali, in cui si instaurano relazioni virtuali, che sembrano fatte apposta per una società liquida.
Ciò che caratterizza queste relazioni è la loro genetica volatilità, in entrata e in uscita. Questa peculiarità soddisfa il bisogno delle persone di rincorrere facilmente (entrata) storie continuamente più romantiche e appassionanti, in cui lanciarsi in una gara a chi lancia promesse di essere sempre più appaganti e soddisfacenti. D’altra parte, hanno la possibilità di ripristinare la modalità “navigazione libera” grazie al tasto delete.
La difficoltà di instaurare relazioni serie e durature tra esseri della stessa specie è quindi, ragionevolmente, diventato estremamente complicato. Soprattutto perché queste sono fatte anche dalla sopportazione fisica dell’altro, dell’accettazione che stia invadendo uno spazio. Non mi stupirebbe vedere un giorno tavole imbandite di tutto a cena. Persino di pc connessi in rete con Facebook impostato come homepage, con cui scambiarsi le notizie del giorno in tempo reale. Non mi stupirei neanche se prima o poi diventasse una business idea per qualche ristochat.
Tutto questo per dire che, in un settore come quello pubblicitario che tende a spostare o concentrare, la maggior parte degli investimenti in rete si va incontro alla stessa problematica relazionale. Le persone godono e dimenticano i brand e i rispettivi contenuti, con estrema rapidità. L’effetto peggiore, per chi produce, è quello di non riuscire a costruire una propria clientela fidelizzata, mettendosi a capo della propria tribù.
Il social media marketing è stato (e continua ad esserlo) un’ancora di salvezza per aziende e prodotti in cerca di visibilità. Ma quanti “Mi Piace” si convertono effettivamente in affezione verso un brand? Attenzione. Non parlo di primo acquisto, parlo del secondo, terzo e così via. Non si può ragionevolmente ritenere una nicchia il numero acquisito di fan. Ma si può ritenerlo una breccia fatta in quella domanda, da cui partire per costruire un mercato. Il SMM pertanto va letteralmente cavalcato grazie alla capacità, che gli è propria, di connettere persone entrando agevolmente nella loro routine, ma deve anche essere soppesata la sua forza uguale e contraria. Ovvero, di uscirne con altrettanta facilità con poche possibilità di rientro.
Azzardo un’ipotesi. E se invece di spingere verso la relazione tra brand e consumatore, si puntasse a rafforzare la relazione orizzontale tra consumatori dello stesso brand?
Ma questo è un altro post."
giovedì 10 giugno 2010
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