Una delle domande che sento ripetere più spesso nella mia vita professionale è la seguente: "come si fa a scegliere quali social network sono più efficaci per la mia azienda?" E' evidente che la risposta a questa domanda varia in funzione del triangolo "caratteristiche del media-persone da coinvolgere-obiettivi da raggiungere". "Ah..", mi sento dire:"perché i social sono diversi tra loro? Non esiste un linguaggio di internet generico?" Nossignore, no. Nonostante esistano delle regole trasversali per rendere un brand più "social", ognuno di loro si distingue per alcune peculiarità specifiche che lo rendono più o meno adatto al raggiungimento di un determinato obiettivo. Non solo. Ogni piattaforma ha sia un proprio pubblico privilegiato di utilizzatori, sia una parte in comune con altri. Quindi, se il vostro intento è quello di sviluppare un’attività di engagement basata sulla complicità tra brand e consumer, Facebook è probabilmente la scelta giusta, se puntate tutto sulle immagini e sulla ricerca di nuovi testimonial “della porta accanto”, strumenti come Instagram o Pinterest sono fondamentali, se invece state cercando di aumentare la vostra credibilità, non potrete prescindere da Twitter e dalla sua capacità di rendere virale i vostri contenuti. Ma attenzione a non dimenticare la metafora dell'orchestra. Avete mai provato ad utilizzare una chitarra suonandola come fosse un violino o viceversa? Non funziona! Molto spesso si pensa di sincronizzare l’aggiornamento delle news aziendali del proprio sito web con lo stato di Facebook o un tweet automatico, ma questa è una delle peggiori cose che si possano fare. E’ come pretendere di poter suonare uno strumento adottando le tecniche imparate per uno diverso. Pensate ad un'orchestra. Quando si assiste ad un concerto si ha la sensazione di essere davanti ad una produzione omogenea di suoni e note musicali che garantisce l’armonia, il movimento e la riconoscibilità della melodia. In realtà sebbene la canzone suonata dagli orchestrali sia la medesima, ogni musicista ha davanti a se una partitura simile ma allo stesso tempo diversa, scritta cioè in funzione delle caratteristiche tecniche del proprio strumento. La presenza su ciascuna piattaforma social va dunque curata nel minimo dettaglio a partire dai singoli messaggi che vengono pubblicati. Questo non significa dover necessariamente inventare contenuti nuovi e diversi per ciascuna pagina ufficiale della vostra azienda ma senza dubbio saper coordinare la divulgazione di un contenuto utilizzando tempi, stile e procedure differenti per ogni canale è cosa buona e giusta. Quindi se volete regalare al vostro pubblico un meraviglioso concerto, inserite nel vostro documento di social media strategy delle micro-strategie per ogni strumento che deciderete di suonare, pardon, utilizzare.
Michele
mercoledì 26 settembre 2012
martedì 25 settembre 2012
QUANTO TI COSTA UN ERRORE SUI SOCIAL MEDIA?
Torno ancora sull'argomento "crisis management online" per portare all'attenzione di chi non l'avesse letto l'articolo apparso sulle pagine economiche del Corriere: "Aziende: Quanto costa un passo falso sui social?". Io non so se esiste davvero un algoritmo in grado di stimare le perdite econimiche reali ma so per certo che la brand reputation è il primo e più grande valore da proteggere poichè nessuno darebbe mai i propri soldi ad un azienda con una cattiva reputazione!
Michele
... Due cuochi girano un video per scherzo e, sempre per scherzo, lo diffondono in Rete. Il video scala le classifiche di YouTube e, dopo aver visto cosa succede davvero nella cucina di un ristorante della catena Domino' s Pizza, i clienti lo disertano. E le vendite calano. I passi falsi, sui social network, non vanno presi alla leggera. (...) Se si maneggiano nel modo sbagliato possono ritorcersi contro le aziende stesse: si va dall' indebolimento del brand alle perdite economiche. In casa L' errore più comune delle aziende italiane? «Pensare che sui social basti esserci, invece bisogna investirci davvero. Con risorse e persone», analizza Marco Mazzù, partner di McKinsey specializzato sulle tematiche relative alle social technologies. (...) . Ma che fare quando online finiscono quelli sbagliati? «Cercare di fermare il passaparola può essere controproducente, è più utile scusarsi e aspettare che la bufera passi»(...)
Leggi qui l'articolo originale
Michele
... Due cuochi girano un video per scherzo e, sempre per scherzo, lo diffondono in Rete. Il video scala le classifiche di YouTube e, dopo aver visto cosa succede davvero nella cucina di un ristorante della catena Domino' s Pizza, i clienti lo disertano. E le vendite calano. I passi falsi, sui social network, non vanno presi alla leggera. (...) Se si maneggiano nel modo sbagliato possono ritorcersi contro le aziende stesse: si va dall' indebolimento del brand alle perdite economiche. In casa L' errore più comune delle aziende italiane? «Pensare che sui social basti esserci, invece bisogna investirci davvero. Con risorse e persone», analizza Marco Mazzù, partner di McKinsey specializzato sulle tematiche relative alle social technologies. (...) . Ma che fare quando online finiscono quelli sbagliati? «Cercare di fermare il passaparola può essere controproducente, è più utile scusarsi e aspettare che la bufera passi»(...)
Leggi qui l'articolo originale
venerdì 21 settembre 2012
AVETE MAI IL LETTO IL DIARIO DI UN CONDUTTORE?
Se non lo avete mai fatto questa è la volta buona. Il diario in questione lo ha scritto il conduttore, formatore e giornalista Roberto Rasia attraverso il suo ultimo libro "Conduci la tua vita". Perchè ve ne parlo in un marketing blog? Perchè questo libro mi ha aperto gli occhi su come basti veramente un attimo per rovinare un lavoro in cui ci si è impegnati per giorni o settimane intere (situazione comune ad ogni uomo marketing). Chiunque si trovi a dover afforntare la gestione di un evento pubblico o di una presentazione delle proprie idee e proposte ad una ristretta ma influente cerchia di persone non può non tener conto del proprio essere "un essere umano". In questo testo trovate descritti in modo informale ed accattivante alcuni piccoli consigli del mestiere che vi saranno sicuramente di aiuto. "Conduci la tua vita!" è infatti un manuale romanzato che svela tutti i segreti che un presentatore utilizza sul palco durante un evento o in TV. Segreti che, a sua volta, chiunque può utilizzare in ogni ambito della propria vita. Perché come dice l'autore: " la vita è come un evento: la si può subire oppure condurre!"
Molto interessante è anche il modo con cui l'autore ha deciso di presentare il proprio libro attraverso un sito web dedicato: http://www.conducilatuavita.it/ in cui potete trovare gli spassionati commenti di chi lo ha già letto e di chi lo ha appena iniziato. Credo sia un'ottima idea social che sfata il mito di che crede che uno scrittore non voglia mai donare realmente agli altri la propria creatura.
Michele
Molto interessante è anche il modo con cui l'autore ha deciso di presentare il proprio libro attraverso un sito web dedicato: http://www.conducilatuavita.it/ in cui potete trovare gli spassionati commenti di chi lo ha già letto e di chi lo ha appena iniziato. Credo sia un'ottima idea social che sfata il mito di che crede che uno scrittore non voglia mai donare realmente agli altri la propria creatura.
Michele
mercoledì 19 settembre 2012
LA NUOVA BELLISSIMA CAMPAGNA SOCIALE BENETTON
Quando si parla di Benetton credo che qualsiasi appassionato o esperto di comunicazione debba farlo approcciandosi con grande rispetto per un'azienda che ha saputo con coraggio e determinazione utilizzare la comunicazione d'impresa per raccontare storie che travalicano l'impresa stessa ponendo il brand come realmente immerso nel tempo e nella società in cui vivono i propri clienti.
Come si apprende da Reuters Italia: "Alessandro Benetton è in missione con l'obiettivo di trovare una cura per un'economia globale malata, e ora chiede a circa 100 milioni di giovani senza lavoro di partecipare con le proprie idee. Il 48enne presidente del Gruppo Benetton ha lanciato oggi la nuova campagna pubblicitaria, "Unhate", sottolineando la situazione dei disoccupati under-30, impegnati in una lotta quotidiana per trovare un lavoro."
UNEMPLOYEE OF THE YEAR il NON IMPIEGATO DELL’ANNO,
è un concorso creato da United Colors of Benetton per i giovani di tutto il mondo. Se hai tra i 18 e i 30 anni e non hai ancora trovato un lavoro fisso puoi mandare il tuo progetto. I 100 progetti più meritevoli saranno finanziati con € 5000 dalla UNHATE Foundation.
Trovate tutte le info sul sito della Unhate Foundation
Michele
Come si apprende da Reuters Italia: "Alessandro Benetton è in missione con l'obiettivo di trovare una cura per un'economia globale malata, e ora chiede a circa 100 milioni di giovani senza lavoro di partecipare con le proprie idee. Il 48enne presidente del Gruppo Benetton ha lanciato oggi la nuova campagna pubblicitaria, "Unhate", sottolineando la situazione dei disoccupati under-30, impegnati in una lotta quotidiana per trovare un lavoro."
UNEMPLOYEE OF THE YEAR il NON IMPIEGATO DELL’ANNO,
è un concorso creato da United Colors of Benetton per i giovani di tutto il mondo. Se hai tra i 18 e i 30 anni e non hai ancora trovato un lavoro fisso puoi mandare il tuo progetto. I 100 progetti più meritevoli saranno finanziati con € 5000 dalla UNHATE Foundation.
Trovate tutte le info sul sito della Unhate Foundation
Michele
lunedì 17 settembre 2012
SEMINARE CREATIVITA' PER RACCOGLIERE INNOVAZIONE
Oggi vi segnalo un evento mooolto interessante. Il 13 Ottobre prossimo Technology, Entertainment, Design, TED, torna con un nuovo appuntamento, "TEDxBologna." L’organizzazione, nata nel 1984 in California come network globale per la ricerca di «idee che meritano di essere diffuse», punta a sviluppare e condividere pensieri ed esperienze anche a livello locale, attraverso eventi con presentazioni dal vivo, performance e video-proiezioni. Passione e creatività le parole chiave di TEDxBologna. Un incontro dedicato a chi ha creduto nella propria idea ed è riuscito a creare realtà capaci di proiettare l’italianità verso prospettive future. Si succederanno sul palco, durante conferenze di 15 minuti, nomi del calibro di Francesco Baschieri, fondatore dell’innovativa radio web Spreaker, Cristiana Collu, direttrice del Mart di Rovereto, Alberto Cottica, autore di Wikicrazia e attualmente consulente del Consiglio d’Europa, Elena Favilli, recente vincitrice di Mind the Bridge con la sua app per Ipad “Timbuktu”, Flavia Marzano presidente degli Stati Generali dell’Innovazione e Advisor Board di Expo 2015, Alberto Masetti, co-fondatore del primo The HUB in Italia, David Orban, docente e consigliere della Singularity University e Cecilia Strada, presidente di Emergency. Di seguito vi posto il trailer dell'evento.
Ci sono solo 100 biglietti disponibili. Per ulteriori info visitate il sito http://www.tedxbologna.com
Michele
Ci sono solo 100 biglietti disponibili. Per ulteriori info visitate il sito http://www.tedxbologna.com
Michele
giovedì 13 settembre 2012
L'EMIGRAZIONE DELLA TV
Fin dai tempi del Carosello la televisione ha sempre rappresentato per il marketing uno strumento unico ed irrinunciabile per poter raggiungere la più numerosa fetta di pubblico possibile. Oggi la frammentazione dell'offerta televisiva, la qualità non sempre elevata dei palinsesti e la diffusione di numerosi e diversi device rendono però molto complicato scegliere se e come utilizzare questo media. Data l'importanza dell'argomento vi riporto alcuni passaggi molto interessanti di un'intervista ad Anna Bisogno, docente di Storia e linguaggio della televisione pubblicata sul blog "I confronti".
Michele
Da più parti e da lungo tempo è stata annunciata la “morte” della televisione per crisi di ascolti e di contenuti. È davvero così?
Non è così. La televisione si trova a dover esplorare nuovi territori, nel competere con gli altri mezzi di comunicazione, assumendo conformazioni diverse (...) La tv non è morta ma “solo” emigrata in un oceano di schermi, terminali, reti, portatili. Stiamo andando, cioè, verso una società senza televisione, che non scompare come tecnologia, ma in quanto medium e strumento di focalizzazione delle società moderne. Insomma, la televisione viene guardata altrove. (...)
In Italia, per affrontare gli scenari di casa nostra, il Censis rileva sì un decremento della fruizione generalista a favore delle altre tv (il digitale satellitare passa dal 27,3% al 35,4%, il digitale terrestre dal 13,4% al 28% e persino la tv mobile riesce a guadagnare quote, anche se poco significative), eppure, nonostante le nuove tecnologie/piattaforme frammentino l’audience e spostino l’attenzione sulla rete – e benché gli italiani siano fra i più avidi consumatori di social network – si evidenzia come sia ancora la tv il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione: quasi il 90% nel 2010 (...). Vi sono dunque buoni motivi per non lasciarsi irretire nella disputa se Internet soppianterà la televisione o viceversa: questi due mezzi, infatti, proprio grazie alla loro incompatibilità, convivranno a lungo piuttosto alleandosi che combattendosi, dimostrando che, di fatto, ogni nuovo mezzo di comunicazione non solo non soppianta il precedente ma, dopo un certo, addirittura lo rafforza. (...)
Il mutamento in corso è totalmente culturale(...).Il ruolo della televisione tradizionale è entrato in crisi anche per la sua incapacità di rinnovarsi. Ciò non significa che per risalire la china, la tv italiana debba ripartire da zero, bensì che dovrà recuperare linguaggi e formati già collettivamente condivisi sul piano sociale e culturale, così da renderli disponibili in formule e fruizioni diverse.(...)
Leggi qui l'intervista integrale.
Michele
Da più parti e da lungo tempo è stata annunciata la “morte” della televisione per crisi di ascolti e di contenuti. È davvero così?
Non è così. La televisione si trova a dover esplorare nuovi territori, nel competere con gli altri mezzi di comunicazione, assumendo conformazioni diverse (...) La tv non è morta ma “solo” emigrata in un oceano di schermi, terminali, reti, portatili. Stiamo andando, cioè, verso una società senza televisione, che non scompare come tecnologia, ma in quanto medium e strumento di focalizzazione delle società moderne. Insomma, la televisione viene guardata altrove. (...)
In Italia, per affrontare gli scenari di casa nostra, il Censis rileva sì un decremento della fruizione generalista a favore delle altre tv (il digitale satellitare passa dal 27,3% al 35,4%, il digitale terrestre dal 13,4% al 28% e persino la tv mobile riesce a guadagnare quote, anche se poco significative), eppure, nonostante le nuove tecnologie/piattaforme frammentino l’audience e spostino l’attenzione sulla rete – e benché gli italiani siano fra i più avidi consumatori di social network – si evidenzia come sia ancora la tv il veicolo di gran lunga prevalente per l’informazione: quasi il 90% nel 2010 (...). Vi sono dunque buoni motivi per non lasciarsi irretire nella disputa se Internet soppianterà la televisione o viceversa: questi due mezzi, infatti, proprio grazie alla loro incompatibilità, convivranno a lungo piuttosto alleandosi che combattendosi, dimostrando che, di fatto, ogni nuovo mezzo di comunicazione non solo non soppianta il precedente ma, dopo un certo, addirittura lo rafforza. (...)
Il mutamento in corso è totalmente culturale(...).Il ruolo della televisione tradizionale è entrato in crisi anche per la sua incapacità di rinnovarsi. Ciò non significa che per risalire la china, la tv italiana debba ripartire da zero, bensì che dovrà recuperare linguaggi e formati già collettivamente condivisi sul piano sociale e culturale, così da renderli disponibili in formule e fruizioni diverse.(...)
Leggi qui l'intervista integrale.
martedì 11 settembre 2012
IKEA: UN NUOVO SPOT PER SCALDARE IL BRAND
Ikea ha lanciato una nuova campagna di comunicazione centrata sul concetto semplice ma preciso: disporre di risorse limitate non può fermare la volontà di cambiare. Lo spot dell’agenzia 1861United con un tono emotivo e coinvolgente, ci racconta di famiglie e persone diverse tra loro che hanno deciso di fare qualcosa di attivo per cambiare, e migliorare cose e situazioni. Molto interessante è anche la scelta di cambiare il payoff aziendale (anche se credo solo temporaneamente) da "Spazio alle idee" in "Spazio alla vita". Ancora una volta Ikea dimostra come sia possibile e vincente trasformare i classici "consigli per gli acquisti" in un' occasione unica per scaldare il brand trasmettendo la sua vicinanza al target ed un sano e positivo ottimismo. Complimenti Ikea!
Michele
Michele
lunedì 10 settembre 2012
NETNOGRAFIA: LA CONFERENZA!
Il 17 settembre prossimo a Trento si incontreranno esperti di comunicazione, new media e cultura digitale per una conferenza/workshop dedicata alla Netnografia e ai suoi campi di applicazione in termini di business, come la gestione della brand reputation, la relazione con gli influencers ed il management dei processi di co-creazione con i propri pubblici. La Netnografia è lo strumento indispensabile per i manager per comprendere i motivi che spingono gli utenti a relazionarsi, ma anche ad effettuare determinate scelte di consumo piuttosto che altre.
Michele
Michele
SCARICA IL PROGRAMMA |
giovedì 6 settembre 2012
LO STRANO ABBINAMENTO COCACOLA E CUCINA ITALIANA
In questi giorni è onair il nuovo spot 2012 della Coca - Cola: "Ceniamo insieme". Sono molto combattuto nel fornire un giudizio su questa strategia di marketing adottata dalla famosa multinazionale di Atlanta. Da un lato credo sia lodevole cercare di spingere il consumo del prodotto in un contesto diverso da quello del "party" o della "bibita fresca" tentando di introdurre la Coca-Cola come elemento indispensabile della nostra cena e continuando nell'opera di glocalizzazione del brand che punta tutto sulla tradizione italiana del "cenare insieme". Dall'altro capisco anche chi come il blog Intravino scrive: "lasciateci perdere, innaffiare di Cocacola le nostre tagliatelle, gli
spaghetti con le vongole, il risotto ai porcini, la coda alla vaccinara,
la pasta e fascioli e l’abbacchio a scottadito è un crimine contro l’umanità previsto dalla Convenzione di Ginevra."
Michele
Michele
martedì 4 settembre 2012
GAMIFICATION E LOYALTY SONO REALMENTE COLLEGATE?
Ormai basta navigare anche distrattamente all'interno del mondo web per accorgersi di come siamo circondati da un insistente ed incessante canto delle sirene che prende il nome di "gamification". Molte aziende e molte agenzie hanno cavalcato questa tendenza ed utilizzano questa tecnica come arma privilegiata per creare engagement con i consumatori. Sull'argomento ho trovato un post molto interessante che ne indaga i rapporti con i meccanismi di loyalty del quale vi propongo i tratti salienti.
Michele
Di Matteo Sbarra su Innovacloud.it
Innovation Cloud torna ad occuparsi di gamification per gettare uno sguardo critico su un fenomeno in forte espansione, che sta però iniziando a sfiorare il punto di “banalizzazione” da parte di brand e agenzie. Una banalizzazione che riguarda da un lato il principale KPI proposto in relazione alla gamification, vale a dire la fidelizzazione, dall’altro le meccaniche stesse con cui vengono progettati i meccanismi gamified.
In due parole: fare gamification significa utilizzare i meccanismi tipici del gioco – punti, missioni, livelli, etc – per stimolare alcuni istinti primari di un essere umano – competizione, successo, status sociale – modificandone così il comportamento in contesti non-game (...)
Significativa è l’espressione di Antonio Tomarchio, giovanissimo fondatore e CEO di Beintoo, quando afferma che “è infatti dimostrato che le dinamiche di gioco, come la competizione e la collaborazione, possono creare la fidelizzazione dei clienti anche verso un brand commerciale”. La fidelizzazione è infatti la principale “motivazione di marketing” che viene addotta da agenzie e addetti ai lavori nel sostenere la gamification, ma di che fidelizzazione parliamo? (...) il cliente fedele è veramente quello che ha una relazione con me basata sul raggiungimento di livelli e sullo sblocco di badge e reward? Dov’è il riconoscimento di valore? E l’acquisto? O meglio, se un cliente viene da me perché ha vinto dei coupon, quanto semplice è definire il confine tra fedeltà e cherry-picking? (...)
Continua a leggere QUI.
Michele
Di Matteo Sbarra su Innovacloud.it
Innovation Cloud torna ad occuparsi di gamification per gettare uno sguardo critico su un fenomeno in forte espansione, che sta però iniziando a sfiorare il punto di “banalizzazione” da parte di brand e agenzie. Una banalizzazione che riguarda da un lato il principale KPI proposto in relazione alla gamification, vale a dire la fidelizzazione, dall’altro le meccaniche stesse con cui vengono progettati i meccanismi gamified.
In due parole: fare gamification significa utilizzare i meccanismi tipici del gioco – punti, missioni, livelli, etc – per stimolare alcuni istinti primari di un essere umano – competizione, successo, status sociale – modificandone così il comportamento in contesti non-game (...)
Significativa è l’espressione di Antonio Tomarchio, giovanissimo fondatore e CEO di Beintoo, quando afferma che “è infatti dimostrato che le dinamiche di gioco, come la competizione e la collaborazione, possono creare la fidelizzazione dei clienti anche verso un brand commerciale”. La fidelizzazione è infatti la principale “motivazione di marketing” che viene addotta da agenzie e addetti ai lavori nel sostenere la gamification, ma di che fidelizzazione parliamo? (...) il cliente fedele è veramente quello che ha una relazione con me basata sul raggiungimento di livelli e sullo sblocco di badge e reward? Dov’è il riconoscimento di valore? E l’acquisto? O meglio, se un cliente viene da me perché ha vinto dei coupon, quanto semplice è definire il confine tra fedeltà e cherry-picking? (...)
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