Nuovi conformismi: cliché e modelli di comportamento condivisi danno sicurezza.
Anche nell’essere genitori. Costi quel che costi. Un esempio? I compleanni faraonici. Succede in Usa, ma sempre più anche da noi
Madre adeguata uguale madre adattata. E pazienza se l’adattamento prende i contorni dell’omologazione. Anzi. In una prospettiva in cui, come scrive il filosofo Umberto Galimberti, il “conformismo è condizione di esistenza” e “la differenza, la specificità e la peculiarità individuale, oltre a non essere remunerative, destano persino qualche sospetto”, una mamma si guarda bene dal prendere (e dall’insegnare) strade secondarie. Il risultato è una maternità impacchettata in tappe e rituali sempre più rigidi e protocollati, e da cui sono escluse iniziative personali, pratiche sfuggenti, abitudini poco comuni. La classe media urbanizzata americana è quella in cui i sintomi dell’appiattimento precoce al cliché sono più evidenti. A partire dalla remise en forme: nessuna neo-mamma si affiderebbe ad attività improvvisate (una passeggiata in campagna?). Molto meglio sballottare il neonato su e giù per i parchi della città con il passeggino (sembra una cosa da pazzi, invece ha persino un nome: strollerfitness). Tutto è preferibile, purché socialmente condiviso. Mamme neohippy newyorkesi fanno il bagno nude con il piccolo, mentre la tata, in divisa, prepara gli accappatoi. E no, non capiterà mai di sentire un bambino chiedere, all’uscita dalla scuola materna: “Oggi può venire Gabriele da noi?”, e via a casa, con una sosta a comprare due pezzi di focaccia e il succo di frutta. A New York i bambini, per vedersi, devono fissare un appuntamento, e mica è facile trovare posto nelle loro agende. Ma le differenze tra Italia e Stati Uniti si stanno assottigliando. Una prova sono i compleanni. Il gigantismo va garantito. Per organizzazione, e soprattutto costi, preparare una festa per un bambino di quattro anni e un party per la maggiore età è quasi la stessa cosa. Ci sono l’affitto del locale, le bevande, i cappellini, i regalini, il mago, l’animatore, la torta di Spider Man per 50 persone. Il passa-parola, in questi casi, funziona sempre: «Ma tu conosci un bravo mago?», ed ecco che a tutti i compleanni spunta Zuzù, e anche se Zuzù si inventa sempre qualcosa di nuovo, i bambini, ormai, i suoi trucchi li sanno a memoria. Difficile che una madre si azzardi a proporre qualcosa di diverso. Che, nello sforzo di offrire al figlio quello che hanno avuto gli altri, le venga in mente di chiedergli: «Tu come la vorresti, la tua festa?» (per scoprire, magari, che a lui del mago e dei 50 invitati non gliene frega niente).
Perché ci viene naturale consegnarci a modelli pre-costituiti? «Perché sono tranquillizzanti. Hanno l’attrattiva di avere già funzionato, e sono rare le mamme così sicure di sé da proporre un modello autonomo», osserva Giorgio Rezzonico, docente di Psicologia clinica e presidente dell’associazione Panda, a sostegno della maternità.
di Caterina Duzzi
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