lunedì 14 settembre 2009

"VIDEOCRACY" ED IL RUOLO DELLA PUBBLICITA'


SERVE UN CAMBIAMENTO!

Ieri sera ho assistito alla proiezione del film-documentario “Videocracy” di Erik Gandini . Il film mette “nero su bianco” il sistema di potere televisivo di cui l’ Italia oggi offre l’esempio più emblematico. In questo contesto mi piacerebbe però uscire dall’arcinoto discorso potere politico- potere mediatico per soffermarmi su alcuni aspetti legati al mondo marketing e comunicazione.
L’avvento della tv commerciale ha portato alla creazione di un “consumo-mediatico” in cui la Televisione ed il suo nebuloso mix di informazione ed intrattenimento la fa da padrone. I fruitori del mezzo e le emittenti si alternano nel ruolo di causa-effetto di un palese abbassamento del  livello socio-culturale di contenuti e messaggi, scaricandosi le colpe vicendevolmente.
In questo contesto vi è però un terzo attore che possiede l’ago della bilancia: la pubblicità.
Le aziende ed i loro brand non possono limitarsi ad un ruolo di sussidio economico della televisione  ma sono chiamate ad una scelta: cedere al conformismo o costruirsi personalità di marca slegate da stereotipi condivisi  ed idoli imposti.
E’ evidente che salire sul carro è sempre più semplice che trainarlo, ma siamo sicuri che sia la scelta migliore? Contribuire al “killeraggio” culturale del paese è una scelta che pagherà sul lungo periodo? Proporre spot banali è davvero così performante?
Io credo che creare attorno ai  brand discorsi di marca basati su valori e modelli di consumo positivi possa stimolare nei consumatori una ricerca ed una capacità di analisi delle informazioni ricevute maggiormente profonda e qualitativa. Mi chiedo: e se fosse il contenuto della pubblicità a condizionare i palinsesti e non viceversa?
Preso atto poi che l’ 80% degli italiani sceglie la tv come mezzo di informazione, ecco che questa sorta di “dittatura mediatica” potrebbe in realtà rivelarsi una preziosa opportunità per cambiare le cose. La pubblicità non deve fermarsi ai “consigli per gli acquisti” ma muoversi in prima persona per spingere e promuovere un vero rinnovamento qualitativo dell’offerta televisiva. Utopia? 

4 commenti:

  1. Ciao
    ti faccio una domanda:
    Secondo te i big spender sono disposti ad investire su trasmissioni
    che vendono viste da pochi telespettatori?
    Perchè quelle sicuramente sono di qualità ma non hanno appil.
    Chi si occupa di pubblicità vuole raggiungere la massa, ed i programmi di massa solitamente sono di poca qualità in quanto devono essere capiti da tutti, quindi chi fa pubblicità, col minimo sforzo (e quindi contenendo i costi) si adegua....

    saluti
    Michele D.

    RispondiElimina
  2. Visto l'andazzo attuale della televisione è evidente che ad oggi nessun top spender rinuncia ad abbinare il proprio brand alla tv spazzatura che tanto piace alla gente.. il problema però è questo: tanta visibilità vale la qualità del brand? Chi associa la propria marca ad un determinato contentuo televisivo non raggiunge certamente l'audience desiderato(forse) ma avvicina il proprio brand ad un insieme di messaggi e modelli probabilmente non molto positivi.. ne trarrà giovamento?
    Io penso solo che le aziende e quindi la pubblicità siano il vero datore di lavoro della tv commerciale ed in quanto tale potrebbero assumersi un ruolo di maggiore responsabilità nel livello culturale dei messaggi proposti.. tutto qui!

    RispondiElimina
  3. Ciao Michele,
    l'ho visto anch'io.
    L'episodio simpatico, appena fuori dal cinema alcuni studenti stavano occupando un liceo serale pubblico che sta per essere chiuso (è stato sgomberato in questi giorni).
    Mi sono fermato un attimo in contemplazione di questo momento struggente, casuale e perfetto...sunto di quello che è il nostro paese: un luogo con un'enorme tradizione culturale sommersa e dimenticata dalla gente...dove le risorse sono così tante che sembra gli italiani nemmeno ne abbiano bisogno. Abbiamo le nostre sicurezze no!?!? Perchè dovremmo evolverci? Pancia piena, caffè e politica al bar e quando si vede qualcosa che non va...beh...si gira la testa dall'altra parte. Perdona l'intro: scontato...lo sappiamo tutti ch questa è la situazione vero!?
    In tutto questo qual'è il ruolo della pubblicità. Semplice: la pubblicità è specchio della società in cui viviamo (vedi sopra).
    Caro Michele, di lavoro trovo soluzioni per aiutare i clienti della nostra Agenzia ad avere successo, a trovare ottime soluzioni ai bisogni della gente attraverso prodotti e servizi validi (ed ad altrettanto validi modi di comunicarlo), ad avere una percezione sul mercato il più possibile vicina ai loro valori, ad uscire da un sistema mediatico vecchio (tu guardi la tv? credi ai commercials e ai messaggio promozionali?)...a fare il futuro di questo paese meraviglioso e contraddittorio.
    Forse si viaggia ancora troppo poco o forse la nostra mentalità medioevale mette tra le nostre essenziali priorità quella di difendere i nostri castelletti...a volte diroccati...chi lo sà se non noi stessi!?
    Fatto sta che l'Italia è una fucina di creatività, di prodotti di altissima qualità, di servizi di livello, di cultura e luoghi d'interesse che potrebbe, se condivisa e supportata da tutti noi (italiani) evoluti (quindi no perditempo e italioti! grazie!), portare questo paese al benessere quello vero!
    Quindi mi chiedo, cari lettori (a questo punto) dove sono finite tutte quelle aziende, quelle persone, quegli italiani che, grazie alla fame di diventare qualcuno o qualcosa, hanno vinto ovunque siano andati nel mondo.
    Se ci siete, invece che buttare le carte per terra o in spiaggia, guardare la televisione e mandare ad Amici le vostre figlie(perlomeno non tutte) per un posto in televisione (che è già stato assegnato! Sveglia signori!!!), lamentarvi ad alta voce con gli amici davanti al caffè della domenica (settimana scorsa ero in Liguria e sentivo questi due quarantenni commentare che l'assessore al turismo aveva fatto "questo e quello di sbagliato" e che, al giorno d'oggi, esistevano addirittura delle lauree specifiche sul turismo!!! Beh...cari Levantini...l'avete scoperto un po' tardi...saranno 20 anni che esistono nelle università italiane!)...tiriamo fuori l'orgoglio e la fame, perchè noi italiani (tanto ridicolizzati dagli "altri" in tante cose) ce la possiamo fare! Come? Rendendoci unici, organizzandoci, studiando, innovando, uscendo dal nostro guscio e comunicando bene e ONESTAMENTE! (cari pubblicitari della vecchia guardia, questo termine si trova su qualsiasi dizionario) senza spremere le aziende come ai tempi della cara vecchia TV videocratica con budget milionari (e oggi, con tutti i media efficaci che ci sono, obsoleti) . Quest'anno il web, per esempio, supererà il livello di fruizione di contenuti della "tivù", mettiamoci il cuore in pace. E' una nuova era anche per noi e forse, anche il termine PUBBLICITA' che fa tanta paura alle nostre aziende, sarebbe da rivedere un attimino. A noi giovani interpreti di questo lavoro meraviglioso e difficile, la sfida di migliorare i nostri manager e trovare i modi migliori per farli vincere sui mercati mondiali, parlare di una società che vuole ringiovanire, inventare, innovare, ripulire: liberarsi dal vecchio mantello dei "baroni" della comunicazione e non nascondere quel sorriso tipico di chi ha in mente una grande idea.

    Adesso ti pubblico sul nostro blog se mi dai il permesso, e iniziamo noi a dare l'esempio su come si comunica oggi.

    Un orgoglioso saluto.

    Christian Ubbiali
    Executive Director

    RispondiElimina
  4. Purtroppo temo che la pubblicità condizioni sin troppo i palinsenti già ora, ma in senso negativo (in termini di responsabilità rispetto alla creazione e sostegno di format televisivi).

    Il messaggio pubblicitario instiste sulla creazione di un bisogno, e per farlo parla a un pubblico che possa ascoltare e assorbire il suo messaggio, interiorizzarlo e trasformarlo in azione (di acquisto). Deve parlare la sua lingua, appunto, e per farlo ha necessità di contare su una certa profilazione del pubblico a cui sta parlando.

    Temo che il pubblico "medio" di certi programmi sia strepitosamente ricettivo (per età, formazione culturale, bisogni sociali ecc.) rispetto alla creazione di bisogni indotti, e risponda in maniera assai funzionale agli obiettivi di consumo, perché estremamente ricettivo rispetto al bisogno di omologazione sociale.

    similia cum similibus congregantur...

    Doriana

    RispondiElimina