Bill Bernbach, uno dei più grandi pubblicitari di sempre, diceva: “Tutti noi che utilizziamo professionalmente i mass media diamo forma alla società. La possiamo volgarizzare. La possiamo violentare. O possiamo aiutarla a salire ad un livello più alto.”
Questo articolo scritto da Emanuele Nenna ci aiuta a riflettere sul rapporto pubblicità-società. Molto interessante, complimenti all'autore.
Michele
Il gioco d’azzardo come le sigarette, si dice in questi giorni. È legale, porta un sacco di soldi nelle tasche dello Stato, ma fa male alla salute. Quindi vale tutto, ma non la pubblicità. Questa posizione di alcuni opinion leader e esponenti politici, mi lascia molti dubbi. Prima di tutto, perché qualche differenza tra gratta e vinci e fumo probabilmente c’è. Il fumo nuoce al fisico dei fumatori, credo non ci sia più nessuno pronto a difendere tesi opposte. Il fumo è veleno. Il gioco: dipende. Può essere innocuo o pericoloso. L’abuso di gioco può uccidere, così come l’abuso di alcol, di zucchero, di velocità, di notti insonni. Ma non è questo il punto. Il punto è il ruolo della pubblicità in tutto questo. E qui il discorso si allarga. (...)
Quindi è giusto che la pubblicità si prenda le sue responsabilità. Che dica la verità. Che proponga modelli positivi, e condanni quelli più vili. Che non istighi ad andare a 300 km all’ora, a sparare alle persone, a distruggersi di birra o whisky, a rovinarsi con il lotto. E magari –oltre a non fare – che faccia qualcosa di buono, in termini educativi. Proponendo buoni esempi. Ma attenzione: il buon esempio non è necessariamente l’astemio. Il buon esempio è quello che, per una sera, rinuncia a guidare perché è “designeted driver”, mentre tutti i suoi amici si godono una Budweiser, senza essere i cattivi della storia (...)
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martedì 6 marzo 2012
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