Quando l'ho visto non ci potevo credere.... "Torna la grande raccolta punti Vinci Campione"! Se sono stato un adolescente sovrappeso lo devo anche a questo mitico concorso che negli anni 80 mi faceva mangiare tonnellate di brioche pur di sfoggiare al campetto la divisa ufficiale della nazionale. Da consumatore mi emoziono ancora nel ripensare a quell'iniziativa ma da addetto ai lavori mi fa riflettere il fatto che dopo quasi 30 anni alla Ferrero abbiano finito le idee e ripropongano il medesimo concorso. Attacco di nostalgia?
Come non capirli guardando questo spot in cui Gullit portava ancora le treccine...
Michele
giovedì 31 maggio 2012
mercoledì 30 maggio 2012
MR. CONTO ARANCIO
Per la rubrica "Non credo funzionerà" oggi ho pubblicato un pezzo su Harkadi Kuhlmann, Mr. Conto Arancio. Forse, non tutti sanno che dietro alla nascita di ING Direct c'è un genio che ha saputo pensare realmente fuori dagli schemi. Per raccontarla in due parole, Harkadi Kuhlmann ha mutuato il modello di business tipico delle compagnie low cost e lo ha applicato al mondo bancario rivoluzionando prodotti, processi e clienti.
La sua storia e la sua intuizione è ben spiegata nel libro "The Orange Code" del quale vi posto volentieri la descrizione originale:
How championing consumers led to ING Direct's revolutionary rise in the banking industry In an industry dominated by big banks with little patience for their customers, ING Direct has always strived to be different-a rebel with a cause, if you will-and in doing so, they've become the most successful online banking venture in history. The Orange Code recounts ING Direct's intriguing story, explaining the philosophy of its founder Arkadi Kuhlmann-who believes in the power of individuals to control their financial destiny-and his long-running partnership with Bruce Philp, the branding consultant who helped him make ING Direct a cause to its own people and a household name across North America.* Discusses the unconventional approach to business strategy, leadership, and management that built ING Direct* Written by the company's CEO, Arkadi Kuhlmann, the driving force behind this unique company and its approach and Bruce Philp, the branding expert who has worked with some of the world's most well-known and valuable brands* Reveals how the cause of personal financial empowerment has made everyone a winner in the ING Direct story The level of success achieved by ING Direct holds some important lessons and offers some much-needed inspiration to a business world that could use a little of both right now.
Inoltre per approfondire la conoscenza del personaggio vi segnalo il video di questa intervista rilasciata a Forbes: http://onforb.es/kxia2J
Michele
La sua storia e la sua intuizione è ben spiegata nel libro "The Orange Code" del quale vi posto volentieri la descrizione originale:
How championing consumers led to ING Direct's revolutionary rise in the banking industry In an industry dominated by big banks with little patience for their customers, ING Direct has always strived to be different-a rebel with a cause, if you will-and in doing so, they've become the most successful online banking venture in history. The Orange Code recounts ING Direct's intriguing story, explaining the philosophy of its founder Arkadi Kuhlmann-who believes in the power of individuals to control their financial destiny-and his long-running partnership with Bruce Philp, the branding consultant who helped him make ING Direct a cause to its own people and a household name across North America.* Discusses the unconventional approach to business strategy, leadership, and management that built ING Direct* Written by the company's CEO, Arkadi Kuhlmann, the driving force behind this unique company and its approach and Bruce Philp, the branding expert who has worked with some of the world's most well-known and valuable brands* Reveals how the cause of personal financial empowerment has made everyone a winner in the ING Direct story The level of success achieved by ING Direct holds some important lessons and offers some much-needed inspiration to a business world that could use a little of both right now.
Inoltre per approfondire la conoscenza del personaggio vi segnalo il video di questa intervista rilasciata a Forbes: http://onforb.es/kxia2J
Michele
martedì 29 maggio 2012
COSA RENDE IMMORTALI LE PR
Girovagando per la rete ho trovato un post interessante dove vengono individuati i 5 principali motivi per cui le PR non moriranno mai.
Michele
1. PR is about relationships.
Le pubbliche relazioni non sono vincolate alle vendite. Il cuore di una campagna di PR è legato alla profonda necessità di un'impresa di creare una relazione stabile e duratura con il pubblico. (...)
2. PR pros understand communication channels.
I professionisti delle PR conoscono i pro e i contro dei diversi media che concorrono a formare l'opinione pubblica e sanno utilizzarli al meglio per veicolare correttamente e corentemente un messaggio. (...)
3. PR helps brands show their true faces.
Oggi più che mai non si parla di immagine ma di reputazione ed il successo di un brand dipende in buona parte dalla credibilità che le campagne di pubbliche relazioni hanno saputo costruirgli intorno. (...)
4. PR helps brands improve products.
Grazie alle relazioni pubbliche l'azienda costruisce un ponte di comunicazione tra brand e consumatore grazie al quale riesce a cogliere, direttamente dai propri clienti, suggerimenti prezioso per migliorarne le performance. (...)
5. PR is subtle.
Le relazioni pubbliche sono un ottimo strumento per lavorare nella mente del cliente convincendolo sottotraccia, con argomentazioni diverse ed efficaci, che non potrà mai rinunciare a quel prodotto. (...)
Leggi l'articolo originale qui
Michele
1. PR is about relationships.
Le pubbliche relazioni non sono vincolate alle vendite. Il cuore di una campagna di PR è legato alla profonda necessità di un'impresa di creare una relazione stabile e duratura con il pubblico. (...)
2. PR pros understand communication channels.
I professionisti delle PR conoscono i pro e i contro dei diversi media che concorrono a formare l'opinione pubblica e sanno utilizzarli al meglio per veicolare correttamente e corentemente un messaggio. (...)
3. PR helps brands show their true faces.
Oggi più che mai non si parla di immagine ma di reputazione ed il successo di un brand dipende in buona parte dalla credibilità che le campagne di pubbliche relazioni hanno saputo costruirgli intorno. (...)
4. PR helps brands improve products.
Grazie alle relazioni pubbliche l'azienda costruisce un ponte di comunicazione tra brand e consumatore grazie al quale riesce a cogliere, direttamente dai propri clienti, suggerimenti prezioso per migliorarne le performance. (...)
5. PR is subtle.
Le relazioni pubbliche sono un ottimo strumento per lavorare nella mente del cliente convincendolo sottotraccia, con argomentazioni diverse ed efficaci, che non potrà mai rinunciare a quel prodotto. (...)
Leggi l'articolo originale qui
venerdì 25 maggio 2012
PER OGNI PERSONALITA' LA SUA PUBBLICITA'
Ogni tanto torno ad afforntare il tema marketing-psicologia. Lo faccio perchè sono fortemente convinto che un bravo creativo deve necessariamente tentare di essere un bravo psicologo almeno nella fase di ascolto ed osservazione. A sostegno di questa teoria ecco che arriva un prestigioso studio scientifico.
Michele
Un nuovo studio pubblicato su Psychological Science evidenzia come le operazioni di marketing possano essere di gran lunga più efficaci se targettizzate su specifici profili di personalità dei potenziali consumatori. (...)
le pubblicità vengono percepite come più persuasive ed efficaci nel momento in cui sono coerenti con il tratto di personalità rilevante; anche se il prodotto presentato è lo stesso, il suo valore soggettivo cambia in modo significativo in funzione della corrispondenza tra messaggio testuale e il tratto di personalità del potenziale fruitore.
La ricerca ha ampie implicazioni per lo sviluppo di strategie pubblicitarie e comunicative basate su messaggi targettizzati su differenze individuali di personalità. Oltre alla pubblicizzazione di prodotti, la riflessione può essere utile anche ai fini delle strategie di diffusione e promozione di consapevolezza negli ambiti più svariati, dalla salute alla responsabilità ambientale e civica.
Leggi tutto su State of Mind
Michele
Un nuovo studio pubblicato su Psychological Science evidenzia come le operazioni di marketing possano essere di gran lunga più efficaci se targettizzate su specifici profili di personalità dei potenziali consumatori. (...)
le pubblicità vengono percepite come più persuasive ed efficaci nel momento in cui sono coerenti con il tratto di personalità rilevante; anche se il prodotto presentato è lo stesso, il suo valore soggettivo cambia in modo significativo in funzione della corrispondenza tra messaggio testuale e il tratto di personalità del potenziale fruitore.
La ricerca ha ampie implicazioni per lo sviluppo di strategie pubblicitarie e comunicative basate su messaggi targettizzati su differenze individuali di personalità. Oltre alla pubblicizzazione di prodotti, la riflessione può essere utile anche ai fini delle strategie di diffusione e promozione di consapevolezza negli ambiti più svariati, dalla salute alla responsabilità ambientale e civica.
Leggi tutto su State of Mind
mercoledì 23 maggio 2012
COME COINVOLGERE I TEENAGERS? CHIEDERE A NIKE!
Non posso esimermi dal parlare dell'ennesimo capolavoro firmato Nike. Ironia, testimonial controverso, ritmo ed interattività, quattro caratteristiche fondamentali per il coinvolgimento di un target complesso come quello teen, perfettamente integrate nell'ultima campagna digital "Barbershop" proposta dal famoso brand di abbigliamento.
Guardate il video e seguite le istruzioni che compaiono in fondo... Buon divertimento!
Michele
Guardate il video e seguite le istruzioni che compaiono in fondo... Buon divertimento!
Michele
lunedì 21 maggio 2012
LISTEN FIRST! (LETTURA CONSIGLIATA)
Per tutti gli amanti della filosofia "una buona strategia parte sempre da una buona analisi" ecco il libro che fa per voi.
Michele
È dai dati, dai numeri che è possibile capire il marcato, i suoi bisogni, le sue esigenze
Il primo passo, quindi, è quello di
raccogliere i dati. E per raccogliere i dati è necessario ascoltare
quello che la gente dice. Ormai i tempi delle interviste, dove comunque
il soggetto era condizionato dal contesto (il fatto di “subire”
un'intervista), sono pressoché terminati. I consumatori si muovono su
altri canali diversi dai tradizionali.
Oggi non si parla più nei bar, nei
caffè, nei ristoranti. Non si chiacchiera più al telefono o nel salotto
di casa. Non si scrivono più lettere cartacee.
Sempre di più i consumatori, di
qualsiasi età e livello sociale esprimono i loro pareri, le loro
esigenze, i loro disappunti e le loro soddisfazioni attraverso il Web.
Siti Web, social network, blog, brulicano di interventi degli utenti.
Molti siti di e-commerce richiedono ai propri clienti pareri e opinioni
su prodotti e fornitori. Il tutto si traduce in una quantità
impressionante di informazioni, qualcosa di impensabile probabilmente
solo all’inizio del millennio.
A questo punto il problema è quello di
rintracciare questi dati, di organizzarli, strutturarli e interpretarli.
Paradossalmente il rischio che si corre quando i dati sono troppi e non
strutturati è che risultino inutili.
A questo punto la domanda che sorge
spontanea è come si possa ascoltare la Rete in modo appropriato, come si
possano da essa estrapolare dati significativi per il proprio business
e, soprattutto, quanto costa tutto questo?
Continua a leggere su Datamanger.it
venerdì 18 maggio 2012
IL BRAND E LE PMI ITALIANE
Oggi vi propongo alcune riflessioni fatte davanti ad un buon bicchiere di vino con Fabrizio Senici (senrior branding consultant in Soluzione Group). Il tema è il rapporto che lega le PMI italiane, le loro strategie di branding e l'attuale periodo economico.
Allora Fabrizio, che aria tira la fuori?
"L'incertezza regna sovrana. Spesso in questi giorni mi trovo di fronte ad aziende che si chiedono quale sarà il futuro del mercato a cui appartengono. Intrappolate nella logica di dover rispondere a clienti sempre più aggressivi, aziende operanti nei più diversi settori economici provano a porre rimedio ad anni in cui hanno affidato tutta la loro competitività ad una strategia basata sul prodotto e sulla sua componente prezzo".
Dalla tua risposta intuisco che siano stati commessi degli errori?
"Organizzazione interna, qualità esasperata, logistica e ICT all’avanguardia sono stati considerati i soli “punti di forza” della competitività, concedendo al solo “made in italy” un surplus di posizionamento, e combattendo la globalizzazione a suon di sconti e prezzi bassi. Ma la crisi (soprattutto questa crisi) ha messo in evidenza i limiti culturali dell’impresa B2B italiana che (fatto salvo qualche eccellenza) non ha mai investito su una vera struttura marketing affidando questa delicata area a improbabili responsabili spostati di peso e di ruolo dai settori più diversi (qualità, commerciale, produzione ecc.)."
Secondo te, perchè si è arrivati a questo?
"La giustificazione a questa dissennata politica è sempre stata : “tanto vendiamo lo stesso” ed era vero almeno fino al 2008. Ma qui sta il limite di cui sopra, nella incapacità non tanto di prevedere una crisi devastante, ma di credere che bastasse accontentarsi del VENDERE OGGI senza provare a costruire UN DOMANI fatto di riconoscibilità del proprio marchio (troppo difficile parlar loro di Brand Awerness).Imprenditori di successo che si sono ritrovati in un mercato competitivo ed indifferenziato, incapaci di abbattere i prezzi di produzione e quindi di competere con aziende che (loro si) hanno fatto del prezzo la loro mission. "
All'inizio parlavi di "porre rimedio", esiste una soluzione?
Oggi siamo purtroppo (o per fortuna) a “groud zero”, le aziende sono costrette a ripensarsi e si chiedono come uscirne. Bene una soluzione esiste, ma richiede il coraggio e la disponibilità ad accettare di cambiare veramente approccio al mercato, e l’attitudine a prendersi il rischio di essere creativi. La risposta si chiama BRAND.
Cosa intendi per "Brand" ? Come lo spiegi alle PMI?
"Per uscire da questa empasse le PMI devono cambiare la propria prospettiva uscire dalle logiche del B2B o del B2C per orientarsi verso il B4B (Branding for Business). Chiedete ad una PMI cosa significa BRAND e la maggior parte vi risponderà che significa “marchio forte” o peggio ancora solo “marchio”. Niente di più sbagliato in quanto brand significa FEELING tra un marchio e il suo cliente. Creare feeling sta nella capacità dell’azienda di credere fortemente che BRAND vince sul prezzo e vince sul prodotto. "
Quindi il messaggio finale è "vendere il brand prima dei prodotti"?
"Esatto. Oggi la ricerca di un posizionamento univoco e distintivo è alla base per la vera differenziazione, e il coraggio di investire in comunicazione per affermare questo posizionamento nella testa dei propri clienti è l’architrave su cui costruire la ripartenza post crisi."
Michele
Allora Fabrizio, che aria tira la fuori?
"L'incertezza regna sovrana. Spesso in questi giorni mi trovo di fronte ad aziende che si chiedono quale sarà il futuro del mercato a cui appartengono. Intrappolate nella logica di dover rispondere a clienti sempre più aggressivi, aziende operanti nei più diversi settori economici provano a porre rimedio ad anni in cui hanno affidato tutta la loro competitività ad una strategia basata sul prodotto e sulla sua componente prezzo".
Dalla tua risposta intuisco che siano stati commessi degli errori?
"Organizzazione interna, qualità esasperata, logistica e ICT all’avanguardia sono stati considerati i soli “punti di forza” della competitività, concedendo al solo “made in italy” un surplus di posizionamento, e combattendo la globalizzazione a suon di sconti e prezzi bassi. Ma la crisi (soprattutto questa crisi) ha messo in evidenza i limiti culturali dell’impresa B2B italiana che (fatto salvo qualche eccellenza) non ha mai investito su una vera struttura marketing affidando questa delicata area a improbabili responsabili spostati di peso e di ruolo dai settori più diversi (qualità, commerciale, produzione ecc.)."
Secondo te, perchè si è arrivati a questo?
"La giustificazione a questa dissennata politica è sempre stata : “tanto vendiamo lo stesso” ed era vero almeno fino al 2008. Ma qui sta il limite di cui sopra, nella incapacità non tanto di prevedere una crisi devastante, ma di credere che bastasse accontentarsi del VENDERE OGGI senza provare a costruire UN DOMANI fatto di riconoscibilità del proprio marchio (troppo difficile parlar loro di Brand Awerness).Imprenditori di successo che si sono ritrovati in un mercato competitivo ed indifferenziato, incapaci di abbattere i prezzi di produzione e quindi di competere con aziende che (loro si) hanno fatto del prezzo la loro mission. "
All'inizio parlavi di "porre rimedio", esiste una soluzione?
Oggi siamo purtroppo (o per fortuna) a “groud zero”, le aziende sono costrette a ripensarsi e si chiedono come uscirne. Bene una soluzione esiste, ma richiede il coraggio e la disponibilità ad accettare di cambiare veramente approccio al mercato, e l’attitudine a prendersi il rischio di essere creativi. La risposta si chiama BRAND.
Cosa intendi per "Brand" ? Come lo spiegi alle PMI?
"Per uscire da questa empasse le PMI devono cambiare la propria prospettiva uscire dalle logiche del B2B o del B2C per orientarsi verso il B4B (Branding for Business). Chiedete ad una PMI cosa significa BRAND e la maggior parte vi risponderà che significa “marchio forte” o peggio ancora solo “marchio”. Niente di più sbagliato in quanto brand significa FEELING tra un marchio e il suo cliente. Creare feeling sta nella capacità dell’azienda di credere fortemente che BRAND vince sul prezzo e vince sul prodotto. "
Quindi il messaggio finale è "vendere il brand prima dei prodotti"?
"Esatto. Oggi la ricerca di un posizionamento univoco e distintivo è alla base per la vera differenziazione, e il coraggio di investire in comunicazione per affermare questo posizionamento nella testa dei propri clienti è l’architrave su cui costruire la ripartenza post crisi."
Michele
giovedì 17 maggio 2012
LA CLASSIFICA DEI MARCHI CON MAGGIORE CREDIBILITA'
Le scorse settimane è apparsa in anteprima sul settimanale economico Il Mondo la classifica 2012 del Reputation Institute. Ve ne riporto volentieri un estratto convinto che oggi più che mai la brand reputation di un brand ne condizioni fortemente i successi commerciali.
Dareste mai i vostri soldi ad un'azienda con una cattiva reputazione?
Michele
La pattuglia dei primi della classe, in fatto di reputazione, non è cambiata molto in un anno. Grazie alla forza storica dei brand più importanti che fissano nel mercato una percezione di affidabilità di lungo corso. Ma nella classifica 2012 c' è una novità: il numero uno non è più Ferrero, ma Armani, davanti a Barilla, Volkswagen e Bmw, confermando così la cinquina del 2011. Il sorpasso di Armani corona una carriera di coerenza strategica, di prodotti e di immagine e rappresenta anche un premio a tutta filiera del fashion made in Italy. (...)
1. Giorgio Armani
2. Ferrero
3. Barilla
4. Volkswagen
5. Bmw
6. Mercedes Benza
7. Ikea
8. Artsana
9. Piaggio
10. Michelin
11. Luxottica
12. Menarini
13. Ford
14. Coop
15. Delonghi
16. Hewlett-Packard
17. Esselunga
18. Prada
19. Nestlè
20. Alpitour
Sulla classifica si riflette con un certo impatto la recessione e il clima che vivono le famiglie italiane in questi mesi. Con penalizzazioni ma anche con una valorizzazione di brand considerati in crescita, come accade per Ikea, Artsana e Menarini. (...)
In generale stanno prendendo sempre più valore le iniziative delle aziende in tema di Crs, cioè iniziative di responsabilità e di carattere sociale considerate con una certa importanza nel valorizzare il brand sopratutto in momenti di economia debole.
E i peggiori sono Unipol, Sorgenia e Costa Crociere. Per la compagnia assicurativa il motivo è legato ai risultati e alle vicende finanziarie degli utlimi mesi. La società energetica paga il prezzo dei sensibili aumenti delle tariffe. La Costa, ovviamente, risente dell'impatto negativo del disastro della Concordia avvenuto a ridosso del sondaggio Doxa. (...)
Dareste mai i vostri soldi ad un'azienda con una cattiva reputazione?
Michele
La pattuglia dei primi della classe, in fatto di reputazione, non è cambiata molto in un anno. Grazie alla forza storica dei brand più importanti che fissano nel mercato una percezione di affidabilità di lungo corso. Ma nella classifica 2012 c' è una novità: il numero uno non è più Ferrero, ma Armani, davanti a Barilla, Volkswagen e Bmw, confermando così la cinquina del 2011. Il sorpasso di Armani corona una carriera di coerenza strategica, di prodotti e di immagine e rappresenta anche un premio a tutta filiera del fashion made in Italy. (...)
1. Giorgio Armani
2. Ferrero
3. Barilla
4. Volkswagen
5. Bmw
6. Mercedes Benza
7. Ikea
8. Artsana
9. Piaggio
10. Michelin
11. Luxottica
12. Menarini
13. Ford
14. Coop
15. Delonghi
16. Hewlett-Packard
17. Esselunga
18. Prada
19. Nestlè
20. Alpitour
Sulla classifica si riflette con un certo impatto la recessione e il clima che vivono le famiglie italiane in questi mesi. Con penalizzazioni ma anche con una valorizzazione di brand considerati in crescita, come accade per Ikea, Artsana e Menarini. (...)
In generale stanno prendendo sempre più valore le iniziative delle aziende in tema di Crs, cioè iniziative di responsabilità e di carattere sociale considerate con una certa importanza nel valorizzare il brand sopratutto in momenti di economia debole.
E i peggiori sono Unipol, Sorgenia e Costa Crociere. Per la compagnia assicurativa il motivo è legato ai risultati e alle vicende finanziarie degli utlimi mesi. La società energetica paga il prezzo dei sensibili aumenti delle tariffe. La Costa, ovviamente, risente dell'impatto negativo del disastro della Concordia avvenuto a ridosso del sondaggio Doxa. (...)
mercoledì 16 maggio 2012
Nel programma sono presenti inserimenti di prodotti a fini commerciali...
"Nel programma sono presenti inserimenti di prodotti a fini commerciali" questa è la frase che appare prima di qualsiasi programma televisivo e nei titoli iniziali o di coda di numerosi film.
Gli osservatori pù attenti, avranno sicuramente notato che quella che una volta veniva definita pubblicità occulta, oggi per far fronte alle numerose spese di broadcasting, sembra essere una vera e propria abitudine consolidata nella produzione di film e programmi televisivi.
Si tratta del product placement ovvero "lo strumento attraverso il quale si pianifica e si posiziona un marchio all’interno delle scene di un prodotto cinematografico a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte dell’azienda che viene pubblicizzata"
Esistono 3 diverse tipologie (Wikipedia):
Visuale (screen placement): il marchio lo si posiziona in primo piano rendendolo ben riconoscibile da parte dello spettatore e bastano poche inquadrature affinché il ricordo rimanga impresso nella sua mente (...)
- Verbale (script placement): in questo caso il marchio viene richiamato dai protagonisti del prodotto audiovisivo catturando l’attenzione dello spettatore e facendo sì che il brand venga affiancato alla reputazione del protagonista che lo cita (...)
- Integrato (plot placement): questa è la forma di product placement più potente e coerente con la sua natura. Per differenziarsi dalla pubblicità infatti un inserimento dovrebbe nascere da una collaborazione tra azienda e produzione, in modo tale da integrarlo adeguatamente all’interno della trama (es. Gran Torino, il Diavolo veste Prada ecc..) (...)
Ma quale è il vero valore in chiave marketing di questo strumento? Siamo sicuri che sia così performante? Il rapporto qualità/prezzo non è forse troppo sbilanciato sul lato "prezzo"?
Personalmente nutro delle forti perplessità su questo strumento e a tal proposito vi riporto l'interessante "Teoria dello Specchio" che Gianluca ha scritto sul suo MiniMarketing: "l'enorme visibilità del product placement c’è soprattutto per chi LA VUOLE vedere: in genere, qualcuno che lavora da un competitor o nella stessa azienda.
È il picco della mia teoria dello specchio: la pubblicità più venduta non è quella che più rende, ma quella che fa più figo nell’entourage di chi spende i soldi — che poi, a misurare, come a morire, si fa sempre in tempo."
Michele
Gli osservatori pù attenti, avranno sicuramente notato che quella che una volta veniva definita pubblicità occulta, oggi per far fronte alle numerose spese di broadcasting, sembra essere una vera e propria abitudine consolidata nella produzione di film e programmi televisivi.
Si tratta del product placement ovvero "lo strumento attraverso il quale si pianifica e si posiziona un marchio all’interno delle scene di un prodotto cinematografico a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte dell’azienda che viene pubblicizzata"
Esistono 3 diverse tipologie (Wikipedia):
Visuale (screen placement): il marchio lo si posiziona in primo piano rendendolo ben riconoscibile da parte dello spettatore e bastano poche inquadrature affinché il ricordo rimanga impresso nella sua mente (...)
- Verbale (script placement): in questo caso il marchio viene richiamato dai protagonisti del prodotto audiovisivo catturando l’attenzione dello spettatore e facendo sì che il brand venga affiancato alla reputazione del protagonista che lo cita (...)
- Integrato (plot placement): questa è la forma di product placement più potente e coerente con la sua natura. Per differenziarsi dalla pubblicità infatti un inserimento dovrebbe nascere da una collaborazione tra azienda e produzione, in modo tale da integrarlo adeguatamente all’interno della trama (es. Gran Torino, il Diavolo veste Prada ecc..) (...)
Ma quale è il vero valore in chiave marketing di questo strumento? Siamo sicuri che sia così performante? Il rapporto qualità/prezzo non è forse troppo sbilanciato sul lato "prezzo"?
Personalmente nutro delle forti perplessità su questo strumento e a tal proposito vi riporto l'interessante "Teoria dello Specchio" che Gianluca ha scritto sul suo MiniMarketing: "l'enorme visibilità del product placement c’è soprattutto per chi LA VUOLE vedere: in genere, qualcuno che lavora da un competitor o nella stessa azienda.
È il picco della mia teoria dello specchio: la pubblicità più venduta non è quella che più rende, ma quella che fa più figo nell’entourage di chi spende i soldi — che poi, a misurare, come a morire, si fa sempre in tempo."
Michele
lunedì 14 maggio 2012
THE DRAMA BUTTON
Oggi vi propongo questo simpatico esempio di marketing non convenzionale. I numeri danno ragione ai suoi creatori (30 milioni di visualizzazioni, 257.000 Mi piace e 3.444 Non mi piace in meno di 20 giorni di presenza su Youtube) anche se concordo pienamente con le riflessioni pubblicate su Green Graffiti e che trovate riassunte sotto il video.
Michele
(...) "Ma questo è guerrilla marketing?
Riprendendo la definizione di Wikipedia (la migliore alleata quando è il momento di smentire un amico sull’argomento x o y):
Stando a questa definizione, la risposta alla nostra domanda sarebbe un sonoro “NO”, dato che il video non è stato sicuramente realizzato con poco budget, non ha nulla di apparentemente creativo (fondamentalmente la scena è in piazza con persone che si rincorrono e creano confusione senza un filo logico conduttore), ed inoltre le persone vengono coinvolte attivamente solo nel momento in cui devono premere il pulsante.
Proprio per queste ragioni, pensiamo che l’associazione di questo video al concetto di guerrilla marketing sia di per sé sbagliata. (...)
Continua a leggere qui
Michele
(...) "Ma questo è guerrilla marketing?
Riprendendo la definizione di Wikipedia (la migliore alleata quando è il momento di smentire un amico sull’argomento x o y):
Guerriglia
marketing (dall’inglese Guerrilla Marketing) è una definizione coniata
dal pubblicitario statunitense Jay Conrad Levinson nel 1984 nel suo
libro omonimo per indicare una forma di promozione pubblicitaria non
convenzionale e a basso costo ottenuta attraverso l’utilizzo creativo di
mezzi e strumenti aggressivi che fanno leva sull’immaginario e sui
meccanismi psicologici degli utenti finali.
Stando a questa definizione, la risposta alla nostra domanda sarebbe un sonoro “NO”, dato che il video non è stato sicuramente realizzato con poco budget, non ha nulla di apparentemente creativo (fondamentalmente la scena è in piazza con persone che si rincorrono e creano confusione senza un filo logico conduttore), ed inoltre le persone vengono coinvolte attivamente solo nel momento in cui devono premere il pulsante.
Proprio per queste ragioni, pensiamo che l’associazione di questo video al concetto di guerrilla marketing sia di per sé sbagliata. (...)
Continua a leggere qui
giovedì 10 maggio 2012
DANIEL SWAROVSKI: LA FAVOLA DI CRISTALLO
Oggi vorrei inaugurare una nuova rubrica (che presto trasformerò in un blog satellite) dedicata a tutte quelle persone passate e recenti che hanno fatto della filosofia "Think out of the box" (Roberto Bonzio) il segreto del proprio successo.
Con un pò di ironia potrei chiamarla "Non credo funzionerà..." poichè credo che sia la frase più ricorrente a cui viene sottoposta un'idea realmente innovativa di business.
Partiamo da Daniel Swarovski che nel 1895 sconvolse il mercato del vetro e brevettò una macchina per il taglio di precisione del cristallo. Fu l'inizio di una favola bellissima che grazie a continue e brillanti idee di marketing ancora non è terminata.
Michele
Tratto da Stile.it
La storia del cigno più luccicante del mondo inizia nel 1895 a Wattens, un piccolo villaggio austriaco dove Daniel Swarovski brevettò un congegno alimentato elettronicamente per il taglio del cristallo .
E’ l’inizio di una grande avventura che ancora non è terminata.
Ben presto i cristalli Swarovski, prodotti in grande quantità e tagliati con una precisione mai vista prima, si fanno strada nel mercato europeo e sono sempre più richiesti. E l’azienda sviluppa nuove idee per l’impiego delle sue pietre.
Negli anni trenta i cristalli Swarovski, sino ad allora venduti ad altre aziende, vengono impiegati per la creazione di ornamenti decorativi, anticipando quella che sarà una tendenza peculiare della ditta austriaca, l’impiego nella moda.
Ma bisognerà aspettare il 1955 per concretizzare realmente il progetto. Per Christian Dior viene creata 'Aurora Borealis' una pietra in cristallo ricoperta da sottili strati di metallo.
Gli anni sessanta vedono la nascita dei primi lampadari con pendenti in cristallo visibili anche nel palazzo di Versailles.
Ma è il 1976 l’anno in cui Swarovski nasce come l’azienda creatrice di articoli da regalo noti nel mondo.
Come accadde? Un operaio, Max Schreck, per caso attaccò insieme due pezzetti di cristallo.
Il risultato fu un oggetto molto simile a un topolino.
Fu l’inizio di una grande fortuna.
Post collegati:
- IL GELATO COME UNA VOLTA
- IL VIDEO CHE CELEBRA UN ANNO DI IPAD
- LA STRATEGIA DELL'OCEANO BLU
- UNA PICCOLA SILICON VALLEY
- DA ZERO A ZARA
Con un pò di ironia potrei chiamarla "Non credo funzionerà..." poichè credo che sia la frase più ricorrente a cui viene sottoposta un'idea realmente innovativa di business.
Partiamo da Daniel Swarovski che nel 1895 sconvolse il mercato del vetro e brevettò una macchina per il taglio di precisione del cristallo. Fu l'inizio di una favola bellissima che grazie a continue e brillanti idee di marketing ancora non è terminata.
Michele
Tratto da Stile.it
La storia del cigno più luccicante del mondo inizia nel 1895 a Wattens, un piccolo villaggio austriaco dove Daniel Swarovski brevettò un congegno alimentato elettronicamente per il taglio del cristallo .
E’ l’inizio di una grande avventura che ancora non è terminata.
Ben presto i cristalli Swarovski, prodotti in grande quantità e tagliati con una precisione mai vista prima, si fanno strada nel mercato europeo e sono sempre più richiesti. E l’azienda sviluppa nuove idee per l’impiego delle sue pietre.
Negli anni trenta i cristalli Swarovski, sino ad allora venduti ad altre aziende, vengono impiegati per la creazione di ornamenti decorativi, anticipando quella che sarà una tendenza peculiare della ditta austriaca, l’impiego nella moda.
Ma bisognerà aspettare il 1955 per concretizzare realmente il progetto. Per Christian Dior viene creata 'Aurora Borealis' una pietra in cristallo ricoperta da sottili strati di metallo.
Gli anni sessanta vedono la nascita dei primi lampadari con pendenti in cristallo visibili anche nel palazzo di Versailles.
Ma è il 1976 l’anno in cui Swarovski nasce come l’azienda creatrice di articoli da regalo noti nel mondo.
Come accadde? Un operaio, Max Schreck, per caso attaccò insieme due pezzetti di cristallo.
Il risultato fu un oggetto molto simile a un topolino.
Fu l’inizio di una grande fortuna.
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- IL GELATO COME UNA VOLTA
- IL VIDEO CHE CELEBRA UN ANNO DI IPAD
- LA STRATEGIA DELL'OCEANO BLU
- UNA PICCOLA SILICON VALLEY
- DA ZERO A ZARA
mercoledì 9 maggio 2012
COME NASCONO LE IDEE?
Sarà che di idee ne ho avute tante e scartate altrettante ma non mi sono mai reso conto effettivamente da dove queste idee mi arrivino. Sicuramente quello che so è che la mia testa è come fosse un pentolone in cui ogni giorno ogni input che ritengo interessante si trasforma in verdura e ci finisce dentro. La vera magia è che posso dimenticarmi di quel pezzetto per giorni o mesi ma al momento del bisogno ecco che salta fuori l'ortaggio giusto!
Sull'argomento vi propongo un video carino realizzato da Steven Johnson che ci ricorda come spesso le idee si presentano in forma di intuizioni incomplete, che chiedono tempo per svilupparsi o che possono nascere dal cortocircuito tra intuizioni parziali, avute da persone differenti.
Michele
Sull'argomento vi propongo un video carino realizzato da Steven Johnson che ci ricorda come spesso le idee si presentano in forma di intuizioni incomplete, che chiedono tempo per svilupparsi o che possono nascere dal cortocircuito tra intuizioni parziali, avute da persone differenti.
Michele
martedì 8 maggio 2012
BAMBINI E SOCIAL NETWORK. LA CASE HISTORY MYPAGE.IT
In questi giorni sto preparando il materiale per il corso Mamma 2.0 che terrò in agenzia la prossima settimana. A tal proposito mi sono accorto di non avervi mai parlato di Mypage.it un social network interamente dedicato ai bambini veramente interessante. Non serve essere esperti di social per capire come le mamme siano sempre alla ricerca di divertimento "sicuro" per i propri figli e il web non è certo un "paese per bimbi". Questo progetto, nato nel 2009 ha fatto di questa necessità il suo punto di forza ed ai suoi inventori vanno tutti i miei più sinceri complimenti.
Michele
Ecco i punti di forza secondo la recensione di Socialware:
Michele
Ecco i punti di forza secondo la recensione di Socialware:
- Comunicazione azzeccata nel tono e nel design, anche nei dettagli
- Semplicità estrema della User Experience: provate a crearvi una pagina per capire
- L’utilizzo di un efficace e “blindato” sistema di Parental Control: il genitore deve autorizzare la registrazione del bambino (mediante la sottoscrizione di una mail apposita), e configurare un proprio account separato con una serie di dati che il bambino non può modificare. Deve anche inviare un documento oppure un pagamento di 1 euro con Paypal: io volevo crearmi un account di prova ma mi sono dovuto bloccare, per intenderci! Il bambino non autorizzato dai genitori non può aggiungere amici, ad esempio.
- Funzionalità da social network (profilo personalizzabile, messaggi, amici) ma contenuti adatti al target (navigate tra i cosiddetti “kidget”, ovvero widget per bambini, per capire quello che intendo)
- Localizzazione del servizio già in 3 lingue: italiano, inglese, francese. Si rivolge quindi già a un pubblico molto ampio e può quindi fare la giusta economia di scala
- Business model intuibile e con buone potenzialità: advertising di prodotti per bambini e soprattutto tanti “kidgets” sponsorizzati (esempio: Lego) per arricchire il proprio profilo, così come hanno insegnato le apps di Facebook. Inoltre, pagine per brand o istituzioni che vogliono intercettare quel target (es: Giffoni)
lunedì 7 maggio 2012
LE 9 REASON WHY DI UNA INFOGRAPHICA
Oggi vi riporto le 9 ragioni che per il gurù Jeff Bullas dovrebbero spingervi alla creazione di infographic all'interno dei vostri contenuti social.
Michele
1. Irresistibili ed affascinanti
Le persone amano dati, grafici e figure. Aggiungeteli ai vostri contenuti ed otterrete dei post che creano dipendenza.
2. Facilmente scannerizzabili dalla nostra mente
Poichè il 90% delle informazioni che arrivano al nostro cervello sono immagini, è importante sollecitare il nostro nervo ottico.
3. Potenzialità virale
La capacità di una infographica di essere condivisa sui social network è molto più alta che qualsiasi contenuto di testo.
4. Trasferibili
Quando creiamo e disegnamo una infographica è importante inserire un codice che crei un link automatico tra il sito di chi deciderà di condividerla e il vostro.
5. Visibilità internazionale
Le infographiche consentono a qualsiasi informazione di carattere locale di raggiungere in breve tempo una visibilità internazionale che prima era impossibile.
6. Brand Awareness
Creare una infographica collegando il nostro logo significa aumentare notevolmente la nostra brand awareness online
7. Genera traffico
Una infographica con un link inserito genererà automaticamente traffico verso il vostro sito web ogni qual volta verrà condivisa e cliccata da qualcuno.
8. Migliora il posizionamento sui motori
La natura virale di una infographica porta le persone a visitare ripetutamente il vostro sito web e questo vi consentirà di migliorare il vostro Page Rank in Google.
9. Mostra la tua competenza
Creare una infographica significa aver compreso realmente un argomento e trasmette il nostro know-how nel settore.
Leggi l'articolo originale qui
Michele
1. Irresistibili ed affascinanti
Le persone amano dati, grafici e figure. Aggiungeteli ai vostri contenuti ed otterrete dei post che creano dipendenza.
2. Facilmente scannerizzabili dalla nostra mente
Poichè il 90% delle informazioni che arrivano al nostro cervello sono immagini, è importante sollecitare il nostro nervo ottico.
3. Potenzialità virale
La capacità di una infographica di essere condivisa sui social network è molto più alta che qualsiasi contenuto di testo.
4. Trasferibili
Quando creiamo e disegnamo una infographica è importante inserire un codice che crei un link automatico tra il sito di chi deciderà di condividerla e il vostro.
5. Visibilità internazionale
Le infographiche consentono a qualsiasi informazione di carattere locale di raggiungere in breve tempo una visibilità internazionale che prima era impossibile.
6. Brand Awareness
Creare una infographica collegando il nostro logo significa aumentare notevolmente la nostra brand awareness online
7. Genera traffico
Una infographica con un link inserito genererà automaticamente traffico verso il vostro sito web ogni qual volta verrà condivisa e cliccata da qualcuno.
8. Migliora il posizionamento sui motori
La natura virale di una infographica porta le persone a visitare ripetutamente il vostro sito web e questo vi consentirà di migliorare il vostro Page Rank in Google.
9. Mostra la tua competenza
Creare una infographica significa aver compreso realmente un argomento e trasmette il nostro know-how nel settore.
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venerdì 4 maggio 2012
GLI ULTIMI DATI SULLA RIVOLUZIONE MEDIATICA
Ecco un pò di dati che cercano di spiegare l'inarrestabile avanzata di social e new media nelle nostre vite. Lo so a qualcuno sembrerà la solita minestra ma finchè ci sono aziende che credono che il loro business non verrà coinvolto da questa rivoluzione mediatica in corso io continuerò a riportarli su questo blog.
Michele
Demoskopea e comScore presentano oggi una nuova ricerca sui trend emergenti dell’universo digitale in Italia: social network, smartphone e consumo di video on-line. Il 94,1% della popolazione italiana on-line ha visitato almeno un social network nel mese di marzo. Gli utenti di social network in Italia sono 26,8 milioni. A predominare la scena è facebook, che conta il 93% del tempo complessivamente speso sui social. L’audience italiana dei social network, in prevalenza maschile e di età media compresa tra i 35 e i 44 anni, si sta trasformando: in crescita gli utenti over 55 (anno su anno +28,4% complessivamente, +15,1% facebook). Nel complesso, ⅓ dell’audience sui social ha più di 45 anni (...)
l 49% degli utenti di social network su smartphone legge post di aziende e associazioni, il 33% clicca sui banner pubblicitari, il 31% riceve offerte e coupon. E i tablet? Se a febbraio 2011 in Italia il 6% dei possessori di smartphone possedeva anche un tablet, a un anno di distanza la cifra è raddoppiata (11%). Gli smartphone stanno cambiando anche il processo d’acquisto. Infatti sempre quasi la metà (il 48%) dei possessori di smartphone compie un’attività relativa all’acquisto sul punto vendita attraverso lo smartphone: di questi il 55% scatta foto al prodotto, il 33% chiede consigli ad amici e parenti. (...).
Leggi tutto su Spot&Web
Michele
Demoskopea e comScore presentano oggi una nuova ricerca sui trend emergenti dell’universo digitale in Italia: social network, smartphone e consumo di video on-line. Il 94,1% della popolazione italiana on-line ha visitato almeno un social network nel mese di marzo. Gli utenti di social network in Italia sono 26,8 milioni. A predominare la scena è facebook, che conta il 93% del tempo complessivamente speso sui social. L’audience italiana dei social network, in prevalenza maschile e di età media compresa tra i 35 e i 44 anni, si sta trasformando: in crescita gli utenti over 55 (anno su anno +28,4% complessivamente, +15,1% facebook). Nel complesso, ⅓ dell’audience sui social ha più di 45 anni (...)
l 49% degli utenti di social network su smartphone legge post di aziende e associazioni, il 33% clicca sui banner pubblicitari, il 31% riceve offerte e coupon. E i tablet? Se a febbraio 2011 in Italia il 6% dei possessori di smartphone possedeva anche un tablet, a un anno di distanza la cifra è raddoppiata (11%). Gli smartphone stanno cambiando anche il processo d’acquisto. Infatti sempre quasi la metà (il 48%) dei possessori di smartphone compie un’attività relativa all’acquisto sul punto vendita attraverso lo smartphone: di questi il 55% scatta foto al prodotto, il 33% chiede consigli ad amici e parenti. (...).
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giovedì 3 maggio 2012
MAXI MULTA A FERRERO USA
La Nutella non se la passa molto bene negli States, dove Ferrero si è beccata una multa molto salata per pubblicità ingannevole. Tutto questo mi fa pensare che ancora una volta il contenuto di un messaggio pubblicitario vale, nel bene e nel male, molto di più della forma o della "pressione" con le quali viene comunicato.
Michele
In America a nudo l'apporto calorico della Nutella. Lo spot televisivo presentava la crema alla nocciola nota in tutto il mondo come "nutriente" e "salutare", "parte di una colazione equilibrata e sana", ma ogni due cucchiaini sono 200 calorie di cui la metà grassi. Per la signora Athena Hohenberg, mamma di San Diego, l'apporto calorico e la quantità di grassi saturi della Nutella sono stati una vera e propria scoperta, tanto da sentirsi ingannata dalla pubblicità. la signora, madre di una bimba di quattro anni, infatti, aveva acquistato e dato da mangiare il prodotto alla figlia convinta dallo spot di avere scelto un prodotto sano. Si è rivolta al giudice, è stata affiancata da molti altri genitori, trasformando così la vicenda in due class action contro la filiale americana della Ferrero. Il giudice ha quindi condannato l'azienda a pagare 3milioni di dollari per pubblicità ingannevole (...)
Leggi tutto su ADGInforma
Michele
In America a nudo l'apporto calorico della Nutella. Lo spot televisivo presentava la crema alla nocciola nota in tutto il mondo come "nutriente" e "salutare", "parte di una colazione equilibrata e sana", ma ogni due cucchiaini sono 200 calorie di cui la metà grassi. Per la signora Athena Hohenberg, mamma di San Diego, l'apporto calorico e la quantità di grassi saturi della Nutella sono stati una vera e propria scoperta, tanto da sentirsi ingannata dalla pubblicità. la signora, madre di una bimba di quattro anni, infatti, aveva acquistato e dato da mangiare il prodotto alla figlia convinta dallo spot di avere scelto un prodotto sano. Si è rivolta al giudice, è stata affiancata da molti altri genitori, trasformando così la vicenda in due class action contro la filiale americana della Ferrero. Il giudice ha quindi condannato l'azienda a pagare 3milioni di dollari per pubblicità ingannevole (...)
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mercoledì 2 maggio 2012
PINTEREST PER IL MARKETING
Ho trovato in rete una video-intervista amatoriale ma interessante sul corretto utilizzo di Pinterest in ambito marketing. Siccome non ho ancora avuto la fortuna di provarlo sulla mia pelle mi affido a tale Adam Helweh che mi ispira fiducia.
Prima di passare al video faccio giusto una piccola premessa per chi non ha ancora ben focalizzato Pinterest nella sua testa.
Si tratta di un social network (un altro ?!?!) che mi ricorda molto la smemoranda ovvero un luogo dove puoi caricare le fotogragie che trovi in giro per la rete raggruppandole in base ai tuoi interessi e possibilmente nomindando i tuoi board (album) con un pò di creatività. (es. cibi che adoro, io andrei a vivere qui.. ecc.) .
A differenza degli altri social in Pinterest gli utenti possono seguire un singolo board di loro interesse senza necessariamente seguire ogni cosa che viene condivisa dal creatore di quel board.
Anche con questo media credo che lavorare su temi e contenuti legati al proprio prodotto sia la strada migliore per avere successo. Come dice Adam nel video "the image that i was pin is not necessarily a products image".
Michele
Fonti:
socialmediaexplorer.com
TheSteveologyBlog
Prima di passare al video faccio giusto una piccola premessa per chi non ha ancora ben focalizzato Pinterest nella sua testa.
Si tratta di un social network (un altro ?!?!) che mi ricorda molto la smemoranda ovvero un luogo dove puoi caricare le fotogragie che trovi in giro per la rete raggruppandole in base ai tuoi interessi e possibilmente nomindando i tuoi board (album) con un pò di creatività. (es. cibi che adoro, io andrei a vivere qui.. ecc.) .
A differenza degli altri social in Pinterest gli utenti possono seguire un singolo board di loro interesse senza necessariamente seguire ogni cosa che viene condivisa dal creatore di quel board.
Anche con questo media credo che lavorare su temi e contenuti legati al proprio prodotto sia la strada migliore per avere successo. Come dice Adam nel video "the image that i was pin is not necessarily a products image".
Michele
Fonti:
socialmediaexplorer.com
TheSteveologyBlog
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